Dettagli Recensione
L.A. Marylin
In una Los Angeles, inizio anni 60, scura e ambigua come i personaggi che la frequentano, si dipana una specie di crime intorno alla figura iconica di Marylin Monroe.
Freddy Otash, ex poliziotto corrotto (realmente esistito) e poi “fixer”, cioè uno che rimesta nel torbido della vita dei vip e rimette a posto, per quel che è possibile, i loro guai, è il protagonista di questo ultimo romanzo di J. Ellroy.
Il tema è affascinante, tutto ruota intorno alla morte di Marylin, ma in realtà il romanzo non dà risposte in merito. Essenzialmente attraverso la vicenda principale Ellroy delinea il quadro storico e sociale di quel periodo e non si risparmia, e si muove agilmente tra polizia corrotta, politica ambigua, (in particolar modo la famiglia Kennedy), e la stessa Marylin, dipinta come un alcoolista, drogata, con un imbarazzante passato di prostituzione che conduce affari loschi, e che con il sesso irretisce personaggi di potere, come i due fratelli Kennedy.
Il romanzo poi cerca di addentrarsi in particolare in questo legame tra la Monroe e i fratelli Kennedy, ma non arriva a nulla di sorprendente, narra solo i fatti.
O meglio quelli che per J.Ellroy sono i fatti, perché ciò che risulta da questa storia, è che il mito non esiste più, e forse non è mai esistito, Marylin è una donna in declino, che non vuole più fare l’attrice e pianta solo grane, quasi sempre ubriaca, che si lega a uomini di potere e che è disposta a tutto per mantenere il suo tenore di vita.
E questa narrazione ovviamente se non altro ci fa riflettere.
Per dare ancora più incisività a questo contenuto, l’autore adotta uno stile, direi pragmatico, frasi brevi, sferzanti, ogni tre parole un punto, dove ogni singola parola è misurata, calibrata.
Un ritmo incalzante che non dà respiro, che ci immerge in una realtà che lentamente ci soffoca. Il tutto condotto in un dedalo di figure (o meglio figuri) e di luoghi, tra i quali è difficile a volte ritrovare un nesso, ed è molto facile perdersi.
La sensazione è che J.Ellroy si sia tolto un po’ di sassi dalle scarpe e si sia preso la libertà di raccontare il lato oscuro di figure quasi mitiche, quali i Kennedy, che usano la lunga mano del potere, per mettere a tacere situazioni a loro scomode. E Marylin era diventato un personaggio scomodo. A voi l’ardua sentenza.