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La porta
 
La porta 2024-08-15 16:06:15 Mian88
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3.0
Contenuto 
 
4.0
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    15 Agosto, 2024
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Bernard Foy, Nelly e l'ossessione

«[…] Come in molte vecchie case del quartiere, le finestre, alte e strette, scendevano fino a trenta centimetri dal pavimento e arabeschi in ferro battuto reggevano la sbarra del davanzale.»

“La porta” di Georges Simenon, edito per Adelphi, con traduzione di Laura Frausin Guarino, fu scritto dall’autore a Noland e trovò la conclusione il 10 giugno 1961. Vide la sua prima pubblicazione solo nel 1962 da Presses de la Cité.
Ed è proprio da una delle tante case di quartiere che dalla sua sedia il protagonista, Foy, segue le vicende che si susseguono sulla strada dove vive insieme alla moglie Nelly.
Bernard e Nelly da due decenni sono sposati e vivono in un appartamento sopra la pasticceria Escandon, all’angolo di rue des Minimes. Foy non ha un’occupazione questo perché la sua esistenza è cambiata da quando, mentre si trovava di pattuglia nel bosco durante la Seconda guerra mondiale, le sue mani toccano una mina che poi è esplosa. Da questo momento queste non esistono più e sempre da questo istante, Bernard, non si sente più un vero uomo. In lui si sviluppano mille insicurezze, mille paure, mille fobie che si coniugano e fondono con una morbosa gelosia verso Nelly. La coppia non ha mai smesso di amarsi, la coppia è ancora complice; eppure l’uomo viene roso dalla gelosia. È un sentimento malsano, lo sa, soprattutto dal momento in cui nel palazzo si trasferisce un giovane illustratore inchiodato su una sedia a rotelle dalla poliomielite. Si tratta del fratello di Gisèle, una collega di Nelly della ditta Delangle & Abouet. Questo è il filo conduttore che porta la moglie del protagonista spesso a casa del giovane: ella si occupa di consegnargli dei pacchi da parte della sorella.

«[…] Ci sono giorni, quando ti vedo scendere dall’autobus, in cui mi metterei a urlare di gioia… Fin da quando avevo quattordici anni sognavo il matrimonio, una donna tutta mia, un piccolo mondo di cui sarei stato.»

Ed ecco allora che “La porta” ci mostra un uomo che vive le sue giornate spiando, osservando, pensando. E mentre pensa e più pensa, più sente lontana la donna che ha al proprio fianco, più teme di perderla, più ne è geloso. Una moglie, sia chiaro, che è innamorata del suo compagno per quanto esso sia infelice e per quanto esso sia sfortunato.
Tra queste pagine si respira un perenne senso di solitudine, di vuoto, di pensieri che sono l’unica grande compagnia in un appartamento che è inquietudine. L’ossessione si fonde con la menomazione, la ricerca di affetto e carezze si coniuga con la fragilità dell’animo umano e del sentimento che può essere messo in dubbio con tutto. Ed ecco allora che Simenon, con la sua solita prosa cruda e intrisa di verismo, delinea i tratti di un uomo debole, affranto, disfatto sino a quello che ne è il tragico ma inevitabile epilogo.

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Un ennesimo Simenon che non delude! Qui mi ricorda un po' la finestra sul cortile di Hitchcock.
In risposta ad un precedente commento
Mian88
18 Agosto, 2024
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E se hai modo ti consiglio anche "La prigione" che per mio gusto personale ha anche quel qualcosina in più.
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