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Arnie freebooter di Christine!
Specialmente nel corso degli ultimi anni, ho sviluppato una certa familiarità con la prosa del caro Stephen; quindi ormai quando devo cominciare una delle sue storie, sono sia incuriosita da cosa il libro in questione abbia in serbo per me che preparata a trovarmi di fronte determinate dinamiche narrative. Ed infatti ancor prima di iniziare la lettura di "Christine. La macchina infernale", ho pensato ad "Il camion di zio Otto" con sentimenti contrastanti: adoro infatti l'idea di un oggetto oppure un luogo in grado di assorbire e trasmettere la malvagità, ma in quel racconto il tutto scivolava poi nel ridicolo. Con il romanzo questo specifico problema invece non c'è stato, anche se le imperfezioni non sono mancate.
La vicenda comincia nell'autunno del 1978 a Libertyville, città immaginaria della Pennsylvania. È qui che l'adolescente Arnold "Arnie" Cunningham vede per la prima volta Christine, una Plymouth Fury del 1958, e sente l'impellente desiderio di acquistarla dal vecchio reduce Roland D. LeBay. Da subito, il giovane è totalmente assorbito dai lavori che deve fare per rimetterla in sesto, mentre tutti gli altri personaggi -a cominciare dal suo migliore amico Dennis Guilder- provano delle sensazioni molto negative verso l'automobile. La situazione si complica quando Arnie inizia una relazione con la bella Leigh Cabot, ma soprattutto quando un gruppo di teppisti prende di mira Christine per rivalersi su di lui.
L'intreccio è un po' più articolato in realtà, ma il cuore del libro rimane comunque l'ossessione di Arnie per Christine, che mi porta al primo degli aspetti meno convincenti: la scelta di affidare metà della narrazione alla voce di Dennis. Il suo è certamente un carattere centrale nella storia, ma mantenere un narratore onnisciente (come viene fatto nella seconda parte, tra l'altro!) avrebbe permesso di dare molto più spazio alla trasformazione di Arnie, a livello fisico ma anche psicologico. Immagino che l'intento fosse quello di creare un crescendo di tensione, ma in questo modo la trama perde di efficacia; la quasi totalità delle interazioni tra -quello che dovrebbe essere- il protagonista e l'automobile ci vengono raccontate e prima di metà volume la malvagità di quest'ultima è data solo dalle sensazioni e dai sogni dei personaggi.
L'altro difetto del volume è la presenza di diverse sottotrame che distraggono l'attenzione dal tema centrale. Anche per questo motivo la prospettiva di Dennis è limitante, perché le sue preoccupazioni nei confronti dell'amico vanno oltre la fissa per Christine e si estendono alla relazione con Leigh, al conflitto con i genitori ed ai lavori che comincia a svolgere per Will Darnell, il classico tipo losco locale che non può mancare in ogni romanzo kinghiano. Sono rimasta delusa anche dalla presentazione di Leigh, anticipata già dalla sinossi ma un po' troppo improvvisa; così come risultano prive di base le relazioni amicali e romantiche, difetto che il finale riesce almeno in parte a correggere. Infine, ho trovato la partenza un po' lenta e macchinosa (no pun intended!): la violenza vera e propria si fa aspettare, ma per fortuna quando arriva ripaga l'attesa in pieno.
In generale l'elemento paranormale mi è piaciuto molto. Ho adorato il modo in cui King ha sviluppato il concetto di un oggetto inanimato che prende vita ed assorbe l'indole del suo proprietario, infatti tutte le scene in cui Christine agisce sono davvero godibili nella loro crudezza. Si possono inoltre identificare delle nette sovrapposizioni tra elemento fantastico e problemi reali, andando a creare degli interessanti parallelismi. Si genera poi un buon livello di tensione, in particolare per merito del sapiente utilizzo del foreshadowing da parte di Dennis, che porta curiosità per le sciagure a venire.
A parte Leigh, i personaggi si dimostrano molto ben caratterizzati: anche quando si tratta di figure non centrali, il caro Stephen riesce con poche righe a renderli credibili e tridimensionali. Tra tutti spicca ovviamente Christine, ma anche Arnie che nelle sue (troppo poche!) scene POV riesce a catturare con la sua lotta interiore ed il focus sui momenti di incertezza, come durante le tre telefonate in cui prova a cercare un aiuto da famiglia ed amici. Chissà come sarebbero andate le cose se solo Dennis fosse riuscito a rispondere...