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Ossessione funesta
…” Scusa. Ti amo Nelly. Anch’io, Bernard”…
Quale l’ identità di Bernard Foy, il menomato protagonista del romanzo, quale porzione di se’ egli rappresenta, omette, nasconde, accompagnato da un vissuto monodimensionale, quale futuro per chi fatica a stare nel presente, quale legame amoroso con chi lo ama e lo protegge, come vive una menomazione che restituisce solitudine, gelosia, rabbia, quanto riesce a leggersi dentro, vittima della propria visione maniacale, come indirizza il proprio destino?
Anni prima Bernard ha subito l’ amputazione di entrambi le mani a causa di una mina, da venti è sposato con Nelly, una donna che ritiene d’ amare e che amorevolmente continua a prendersi cura di lui, unico sostentamento della coppia,
Lunghe ore trascorse alla finestra in una metropoli rovente in compagnia della propria menomazione, Bernhard osserva, immagina, riflette, si introduce nelle vite altrui, rivede la propria storia, versione critica di se’, di ciò che è stato, che avrebbe potuto essere, che non è, costruendosi una trama del tutto personale, percorso da una gelosia incontrollabile, protagonista del suo non essere, pronta a impadronirsi di reale e immaginario restituendo un esito infausto.
Come sempre una trama scarna, essenziale, claustrofobia, sguardi, attese, silenzi, tratti costruiti su possibilità, presupposti, inganni, un reale altrove e diverso, fantasmi rivisitati, un’ idea marchiata da un’ ossessione in un declino inevitabilmente certo. Bernard si nutre di un se’ dal quale vorrebbe sottrarsi auspicando prospettive diverse, la gelosia lo prende e si fa sostanza, si allontana e ritorna confutando speranze illusorie, imprigionandolo in una solitudine e in uno stato di follia che credeva lontano.
Che cosa Bernard intende per gelosia, termine usato e abusato, legittimato e delegittimato da comportamenti avversi e dal proprio delirio, come un’ emozione può sfociare in un sentimento dal quale è impossibile sottrarsi?
Una casa, una strada, rumori di sottofondo, passi, inquilini, volti noti, un auto reclusione e un ribaltamento di ruoli, Bernard a casa, Nelly al lavoro, come giustificare una situazione siffatta laddove ci si ritiene infelici per una mutilazione che ha sottratto al protagonista la reale possibilità di vivere?
Anni di attesa, assaporando le abitudini altrui, una solitudine imbrattata di cattivi pensieri e trasformata
…” in un turbamento a precedere la vertigine”…
Quando l’ ossessione è manifesta, il presente frequenta il passato in una fragilità evidente, si racconta un’ altra storia, a quel punto quanto bastano condivisione, confessione, ascolto, un’ intimità sfociata nella tolleranza a restituire il respiro della normalità cancellando il proprio senso di colpa?
C’è e rimane un sentimento vivido, uno sguardo posato su
…” una porta dal pomolo di maiolica”
, un senso di vuoto che e’ solitudine ingravescente. E allora pensieri invisibili popolano l’ intimità di un appartamento trasformandolo in inquietudine manifesta, sorrisi, allegria, cupezza, sbadataggine, l’ idea che la vita del coniuge sia decisamente più interessante di quella vissuta all’ interno del proprio appartamento.
In questa vita non vita, in parte immaginata, l’ ossessione dell’ invisibilità e della menomazione dell’ altro è uno specchio che riflette la propria colpa, il bisogno di carezze, la fragilità di coppia, uno stato di gelosia permanente, un reale previsto, lo sguardo posato all’ interno di una stanza silente che restituisce distruzione e morte.