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L'occhio del male
 
L'occhio del male 2024-06-21 15:29:00 La Lettrice Raffinata
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    21 Giugno, 2024
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Sparisci non rende l'idea

Il mio rapporto con le narrazioni di Bachman non è partito con il piede giusto, e conservo ancora un ricordo svilente de "La lunga marcia"; le cose sono però migliorate con "L'uomo in fuga", specialmente per la scelta di porre l'attenzione soltanto sui personaggi adulti. Con un'incerta aspettativa sono quindi approdata a "L'occhio del male", forse il titolo bachmaniano sul quale riponevo maggiori speranze. Speranze assai ben riposte dal momento che tra i tre è il titolo più marcatamente kinghiano, ed anche per questo il mio preferito.

Alla base del romanzo c'è una vicenda di sopravvivenza in condizioni anomale, che lo accomuna appunto a molte opere del caro Stephen. L'avvocato William "BIlly" J. Halleck conduce una vita all'insegna dell'agiatezza nella borghese Fairview, cittadina immaginaria nel Connecticut, fino a quando causa la morte di una zingara mentre è alla guida dell'automobile. Per merito delle sue conoscenze BIlly riesce ad evitare una condanna per omicidio colposo, ma non la maledizione che Taduz Lemke -il terrificante padre della donna- sembra avergli lanciato ed a causa della quale diventa sempre più magro.

Lo spunto potrebbe sembrare un po' infantile, ma vi garantisco che getta le basi per una storia ricca di tensione ed angoscia, nonostante l'elemento horror sia più psicologico che visivo. In generale, non si tratta di una lettura in cui la violenza è descritta in modo troppo grafico, con sovrabbondanza di dettagli (come invece capita in altri libri di Bachman); questo non esclude però diversi aspetti triggeranti, soprattutto nelle scene in cui si fa riferimento a malattie mortali.

Per questa ragione, ammetto non si tratti di un romanzo adatto a tutti. Eppure io l'ho davvero apprezzato, anche più di quanto le prime pagine lasciassero presagire: più ci si addentra nella narrazione, più si può gustare il gioco di parallelismi creato da King, in cui vengono posti a confronto razionalità e superstizione, vita cittadina e vita nomade, giustizia e vendetta. Il protagonista diventa il perno su cui ruotano queste contraddizioni, ed infatti si dimostra un personaggio dalla psiche davvero interessante da conoscere pian piano; Billy pensa di essere nel giusto, e perfino quando si trova materialmente colpito per le sue colpe è pronto a riversare i problemi sugli altri, senza particolare preoccupazione delle conseguenze a lungo termine.

Accanto ad un protagonista caratterialmente mastodontico, gli altri personaggi rischiano di sparire (perdonate il gioco di parole!), ma non in questo caso. L'autore ha saputo infatti dipingere un cast di comprimari detestabili ma non macchiettistici, che formano un contorno di certo non amabile però sicuramente adatto alle sventure di Billy.

A discapito del mio apprezzamento, per tutta la lettura ho avuto però l'impressione che qualcosa non andasse e alla fine ho capito: la trama è prevedibile. L'intera storia è priva di colpi di scena e guizzi narrativi che la rendano intrigante, e -a dispetto della sua componente thriller- non c'è un solo avvenimento che il lettore non riesca ad indovinare dopo aver letto qualche capitolo per avere un quadro di partenza sull'indole dei personaggi e la premessa di base. Un difetto che comunque non influenza più di tanto la lettura, anche perché a risollevarlo c'è comunque un finale piacevolmente angosciante.

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