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La vedova allegra
Dopo aver imbroccato una dopo l'altra una sequela di letture al più mediocri e al peggio terribili, sentivo la necessità di trovare rifugio in un porto sicuro. E chi meglio della cara Agatha poteva darmi il tanto necessario riparo? in particolare, la mia scelta è ricaduta su uno dei suoi più apprezzati gialli tra quelli in cui compare la figura del pavonesco Hercule Poirot, ossia "Se morisse mio marito". Un titolo che stravolge nella forma l'originale britannico, pur mantenendone la sostanza, a differenza di quanto succede con la discutibile versione statunitense "Thirteen at Dinner": avrà anche senso nel contesto della narrazione, ma non trasmette granché per quanto riguarda il giallo di fondo.
Come spesso accade, ci troviamo in un momento storico parallelo al periodo di pubblicazione, ovvero gli anni Trenta. In realtà, la premessa ci informa che gli eventi raccontati hanno avuto luogo tempo prima, ma solo adesso il solito capitano Arthur Hastings si sente pronto a svelarli al grande pubblico. Il motivo di tanto mistero è presto detto: la vittima è George Alfred St. Vincent Marsh, quarto baronetto di Edgware, una figura tanto in vista da suscitare un certo interesse da parte dei curiosi. Prima di arrivare al delitto assistiamo però all'incontro tra il duo protagonista e l'attrice Jane Wilkinson, moglie di Lord Edgware dal quale spera di ottenere presto il divorzio grazie proprio al buon Hercule. Questi suoi tutt'altro che discreti propositi la portano a finire logicamente in cima alla lista dei sospettati non appena il cadavere dell'uomo viene rinvenuto soltanto un paio giorni dopo nella biblioteca.
Il cast è ancora una volta formato da personaggi molto carismatici, seppur a tratti caricaturali; tra questi spicca ovviamente Jane Wilkinson, nei panni della vedova meno affranta della Storia, però anche caratteri meno centrali -come l'imitatrice Carlotta Adams ed il capitano Ronald Marsh, che si fa subito notare per l'eccessiva sicurezza di sé- riescono a incuriosire il lettore. Ovviamente Poirot ed Hasting sono sempre dei protagonisti piacevoli da seguire, e la loro dinamica risulta al solito efficace grazie ai continui punzecchiamenti, anche se avrei preferito qualche risposta accomodante in meno da parte dell'ex capitano. Un altro elemento interessante all'interno del cast è l'ispettore James Japp, già apparso in altri romanzi e racconti, che qui si fa carico di una parte delle stroncature di Poirot, incassandole quasi con orgoglio.
Il secondo, grande merito della prosa è quello di delineare un mistero complesso e ben articolato, seppur all'apparenza possa risultare più semplice da seguire rispetto ad altri. Questa sensazione non rende però meno avvincente la lettura, anzi per quanto mi riguarda sono convinta possa spronare ancor di più il lettore a mettere al lavoro le sue celluline grigie. Come sempre, sistemare al posto giusto tutti i pezzi del puzzle non è affatto semplice, eppure il punto di vista più rintronato del solito di Hastings penso possa fornire un piccolo aiuto in questo senso.
E nel caso i suoi granchi clamorosi non vi sembrino sufficienti, potete sempre ripiegare sulla prefazione, che fornisce dei suggerimenti alla risoluzione del giallo fin troppo spoilerosi per i miei gusti: forse sarebbe stato meglio leggerla una volta terminato il romanzo! In generale, la recente edizione non brilla per qualità, essendo farcita da un gran numero di refusi, in alcuni casi di battitura ma sopratutto nella coniugazione dei verbi. Una constatazione alquanto infelice se consideriamo che si tratta di un classico pubblicato quasi un secolo fa, e dal prezzo tutt'altro che conveniente.