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Bachman l'aveva presa meglio
Pur apprezzandone gli spunti inusitati, i libri pubblicati da King con il nome Richard Bachman non rientrano tra i miei preferiti dell'autore; allo pseudonimo va però dato del credito, perché ha chiaramente ispirato la trama de "La metà oscura", una storia talmente autoreferenziale da far impallidire perfino la self-insert presente in The Dark Tower. Per quanto mi riguarda trovo brillante il modo in cui il caro Stephen ha saputo mettere a frutto perfino lo smascheramento del suo alter ego, ricavandone una narrazione che ben bilancia horror paranormale e mystery thriller.
Dopo le tragiche vicende di "Cujo", torniamo per la prima volta con un romanzo completo nei pressi della cittadina di Castle Rock, dove il protagonista Thaddeus "Thad" Beaumont e la moglie Elizabeth "Liz" hanno la loro residenza estiva. Come molti altri personaggi kinghiani, l'uomo è uno scrittore di talento che ha raggiunto la fama pubblicando diversi libri sotto lo pseudonimo di George Stark; quando il collegamento tra lui e la sua controparte fittizia sta per essere svelato da un fan eccessivamente zelante (e con non troppo vaghe tendenze ricattatorie), Thad decide di seppellire metaforicamente e non solo Stark nel cimitero di Castle Rock, per poi riprendere a scrivere con il suo vero nome. Da subito diventa chiaro che l'alter ego -ben più di un nome di fantasia stampato sulla copertina dei suoi romanzi!- non ha alcuna intenzione di farsi da parte, e vuole anzi rivalesti contro chi ha contribuito alla sua eliminazione.
La narrazione acquisisce quindi una piega spaventosa abbastanza in fretta, e devo dire che questo elemento è stato gestito decisamente bene: anche per merito di alcuni espedienti fantastici, si vengono a creare dei validi momenti di tensione legati alle scoperte a cui approdano i protagonisti oppure alla vendetta di Stark. Ho apprezzato anche la scelta di includere alcuni capitoli dal punto di vista di quest'ultimo, perché così si riesce sia a capire meglio la sua prospettiva sugli eventi che a leggere una stessa scena da due angolazioni contrapposte.
Tra i pregi non potevano che ricadere poi i personaggi, tra i quali la mia preferenza va ad Alan J. Pangborn -nuovo sceriffo di Castle Rock, che sicuramente avrò occasione di incontrare in altre storie- ed a Rawlie DeLesseps, collega di Thad dalla personalità più interessante di quanto non appaia ad una prima occhiata ed al quale viene affidato un ruolo a dir poco vitale per l'economia della narrazione. Inoltre, i nomi di protagonisti e comprimari porteranno i lettori kinghiani a delle simpatiche associazioni d'idee con altre sue opere; sempre in tema di citazioni, a parte gli ovvi riferimenti alla località fittizia nel Maine, è poi presente una generosa strizzata d'occhio che ho molto apprezzato, ad un personaggio decisamente importante nella serie The Dark Tower.
Quello che ho apprezzato un po' meno è invece la gestione delle tempistiche narrative: in più punti ho avuto l'impressione ci fossero delle scene fuori posto, o meglio che inserite in un altro punto del volume avrebbero dato un risultato migliore. Un esempio su tutti è rappresentato dal prologo stesso, in cui non solo si spiega nel dettaglio tutto quello che Pangborn scoprirà soltanto verso il finale, ma viene anche posto in evidenza il collegamento tra la carriera di Thad come scrittore e lo sviluppo dell'identità di George Stark. L'indagine di Alan risulta quindi infruttuosa per il lettore, ma anche poco utile per i personaggi stessi, i quali ottengono solo una conferma tardiva delle loro supposizioni; questo rappresenta un altro dei difetti del romanzo, ossia la scarsa utilità di buona parte del cast alla risoluzione dell'intreccio. Capisco che il focus dovesse essere sull'antagonismo tra Thad e George, ma così si sviliscono terribilmente gli altri caratteri, specie quello di Liz che più volte tenta di rendesi utile senza ottenere nessun risultato concreto.
Personalmente ho individuato poi un deciso rallentamento del ritmo nella parte centrale, causato in parte dalle già citate scene in "disordine", perché al lettore sono già state fornite le informazioni necessarie per capire bene dove si andrà a parare, e diventa quindi noioso dover aspettare che anche i personaggi ci arrivino a loro volta. Pur non essendo affatto schizzinosa, credo poi che alcuni degli elementi horror presenti qui rasentino il gore tipico della prosa di Bachman: aka, un filino troppi dettagli disgustosi fini a se stessi. Non si tratta propriamente di un difetto, ma trovo infine necessario tenere conto che questa è una delle storie ambientate a Castle Rock -che non formano propriamente una serie, ma sono collegate tra loro-, e se da un lato questo è un punto a favore perché permette al lettore di scoprire un microcosmo formato da personaggi e luoghi ricorrenti, dall'altro nasconde una piccola insidia: si rischia di incappare in spoiler indesiderati leggendo i volumi senza seguire l'ordine di pubblicazione.