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A me non pare tutto OK
Rimandare per tanto tempo la lettura di un libro può portare a diverse conseguenze negative: non provare più interesse per la sinossi, ritrovarsi con una storia invecchiata malino, rendersi conto che forse non è più la lettura adatta a noi. Per me "Cattive compagnie" ricade in quest'ultima categoria perché, da quando ho acquistato la mia copia al momento in cui mi sono finalmente decisa a leggerla, ho sviluppato una certa avversione verso le autrici britanniche di suspence, il sottogenere del thriller domestico e gli scrittori stranieri che decidono di ambientare (parte del)le loro narrazioni in Italia per trattare la tematica della criminalità organizzata. E indovinate un po' quale titolo rientra in tutte e tre queste casistiche?
In realtà lo spunto di partenza sembra interessante: una donna inglese, Kate Grey, fatica a superare la morte del marito Charles "Charlie" Benson, avvenuta in circostanze tragiche ma anche poco chiare. Una foto che ritrae casualmente un uomo identico al suo adorato Charlie spinge Kate ad intraprendere un viaggio verso la città di Miami, nell'insensata speranza che il marito possa essere ancora vivo; viaggio nel quale sarà accompagnata da Luke Broussard, da sempre amico di Charlie. Nel primo terzo del volume, la narrazione al presente viene inoltre interrotta da dei flashback che mostrano com'è nata e si è evoluta la relazione tra Kate ed il marito.
Pur non avendo disprezzato del tutto questa lettura, mi trovo davvero in difficoltà nel trovarci dei pregi; e questo perché suddetti pregi sono compensati da difetti paralleli, oppure risultano così blandi da passare quasi inosservati. Diciamo che ho trovato carina la scelta di raccontare una protagonista un po' anticonformista, nonché decisamente spietata nella sua determinazione. Mi è piaciuto anche che Newman abbia investito tempo ed attenzione nella descrizione delle diverse ambientazioni, rendendo la prosa abbastanza curata in queste parti del testo.
Un altro punto a favore (con riserva) è rappresentato dai colpi di scena: alcuni sono resi davvero prevedibili dalla piega che prendono i dialoghi stessi, ma altri riescono in effetti a stupire, rendendo la lettura anche divertente in alcuni punti. Peccato che per stupire i lettori la cara Ruth sia stata costretta a provocare ai suoi personaggi degli attacchi di stupidità fulminante. È il caso dell'immotivata decisione della protagonista di togliersi i guanti in una determinata scena, ma in questa osservazione rientrano tranquillamente anche tutte le azioni compiute dagli antagonisti, nel finale e non solo: davvero non si capisce perché Kate non si faccia due domande sulle incongruenze in ciò che le viene raccontato!
Descrizioni a parte, la prosa ha secondo me ampi margini di miglioramento. A cominciare dall'eccessiva informalità nella narrazione, specie se accostata a delle linee di dialogo a volte fin troppo artificiose e ricercate. Boccio poi in toto la scelta di rendere la protagonista la voce narrante, perché se è vero che seguiamo sempre e solo lei durante la storia, non penso sia sensato da parte sua nascondere di proposito delle informazioni vitali; specie considerato che questo testo dovrebbe essere una sorta di racconto interiore. Un'ulteriore pecca nello stile di Newman è data dall'umorismo, ridondante e poco efficace: non penso sia necessario dedicare una pagina intera ad un'infelice battuta sul russare, neanche fossimo in un cinepanettone.
E concludiamo con qualche lamentela personale, come la discutibile edizione italiana nella quale parecchie frasi vengono tradotte in modo letterale, senza quindi tenere in considerazione giochi di parole o modi di dire inglesi. Mi ha fatto storcere il naso il modo superficiale con cui l'autrice ha parlato delle malattie mentali, delle persone di colore (con un simpatico sillogismo che li associa alla violenza di default) e della criminalità organizzata. Non farete fatica ad immaginare anche quale sia la mia opinione su una protagonista che si dimostra incapace di fare alcunché senza un uomo alto e muscoloso al suo fianco, per poi disdegnare senza possibilità di riscatto tutte le personagge femminili nelle quali incappa.