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Uno stravolgimento del giallo classico
Un giallo diverso dal solito e che stravolge il genere, ben costruito, avvincente, con uno stile fluido e dire quasi “nebbioso” per l’atmosfera ricreata, comunque di piacevole lettura.
La storia si svolge in Svizzera e si parte dall’omicidio di una bambina di sette anni e da un commissario, Matthai, di carattere freddo e di grande intuito ed ingegno, che non si rassegna all’accusa di colpevolezza che viene rivolta verso un ambulante in qualche modo costretto a confessare il delitto e che si suiciderà poi in carcere. Per tutti il caso è chiuso, non per il commissario che quando ha dovuto comunicare il delitto ha promesso ai genitori della piccola di trovare l’assassino.
Matthei è raffigurato come un uomo che non ha vita privata, vive in albergo, completamente dedito a quella che sente come una missione, la ricerca della verità ad ogni costo.
Il commissario non solo non è convinto dell’identità dell’assassino imprigionato ma crede si tratti in realtà di una catena di omicidi tutti opera della stessa mano che non è quella che la polizia ha identificato con l’ambulante. Il caso per Matthei non è chiuso.
Il commissario inizierà quindi una sua indagine personale anche perché viene allontanato dal commissariato nel quale operava e che lo porterà a prendere in gestione un distributore di benzina e ad accogliere in casa una donna con una bambina che assomiglia a quella uccisa con lo scopo di attirare in trappola l’assassino. Non riuscirà nell’intento per una pura casualità e la fermissima convinzione razionale di conoscere la verità da una parte ed il fallimento dall’altra lo porteranno alla follia.
La soluzione, in fondo scontata, verrà trovata anni dopo. Il commissario non sbagliava, ma non è riuscito ad avere la soddisfazione che avrebbe meritato.
Molto televisivo da una parte, dall’altra diverso dai gialli classici alla Agatha Christie o dei grandi della letteratura del genere, “La promessa” mantiene un pessimismo di fondo che il lettore avverte sin dall’inizio. Come è possibile che solo il commissario, considerato un genio delle indagini per la sua estrema razionalità, veda una verità così lampante e che solo troppo tardi si arrivi a scoprirla? Come può non essere creduto?
Ed è infine ragionevole che un uomo arrivi ad impazzire nel tentativo di dimostrare la sua verità che ha il solo scopo di salvare vite?
Il romanzo è una negazione totale del giallo classico perché anche la deduzione più accurata e perfetta può non portare alla risoluzione del caso perché razionalità e destino del singolo possono non coincidere e portarci a non arrivare mai alla verità. Alla fine sono il caso, la sorte a sovrintendere alla vita degli uomini, caso e sorte beffardi che condannano l’uomo alla follia.
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