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Caccia al tesoro. O all’omicidio?
Fenomeno editoriale inglese, "A cena con l'assassino" deve probabilmente il suo successo alla capacità di innovare con qualche elemento di originalità una formula più che mai consolidata e amata dal pubblico, quella della serie omicida in uno spazio chiuso e inaccessibile, in questo caso l’antica magione di famiglia “Endgame House”, isolata a causa di una tempesta di neve.
Endgame, un nome che è già un programma. In questa casa, infatti, tanti anni fa, prima che terribili tragedie distruggessero la famiglia, a Natale si organizzavano tradizionali giochi rompicapo a base di anagrammi e indovinelli. Zia Liliana, prima di morire, decide di organizzare l’ultima sfida per i suoi familiari: chi riuscirà a resistere per dodici giorni, risolvendo dodici enigmi e trovando così altrettante chiavi, otterrà in premio non solo l’eredità della casa ma anche la verità, portando alla luce i più oscuri segreti di famiglia. Finalmente, per la protagonista Lily, è l’occasione per scoprire cosa è accaduto a sua madre ventuno anni prima.
Sicuramente Alexandra Benedict attinge a piene mani alla tradizione del genere, confezionando un’opera che vuole, per ambientazione e toni, richiamare i gialli logici, misurati ed eleganti di cui Agatha Christie era maestra. L’elemento innovativo è invece la dimensione del gioco, non solo il fatto che lo scheletro della storia sia proprio la risoluzione dei rompicapi, ma che il lettore venga allettato con la stuzzicante speranza di poter partecipare al gioco, risolvendoli in prima persona. Speranza del tutto disattesa, purtroppo. Non so se la fruizione in lingua originale possa condurre a risultati diversi, ma nella mia esperienza personale di lettrice italiana, pur amante di enigmistica, i giochi di parole e i collegamenti proposti sono risultati del tutto inaccessibili. A peggiorare la situazione, pur non avendo capito nulla degli indizi forniti, l’individuazione del colpevole è risultata invece piuttosto intuibile già da metà libro. Mancando i meccanismi ingegnosi e imprevedibili che hanno fatto la grandezza di tanti gialli, ci si sarebbe potuti appellare almeno ai personaggi. Invece debole, se non del tutto assente, è l’approfondimento dei caratteri, tant’è che persino la protagonista risulta a mio avviso distante e inespressiva.
In conclusione, un romanzo in cui l’originalità dell’idea è indubbiamente superiore all’esito della realizzazione. Peccato, rimane la delusione di un’occasione sprecata.
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