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Una storia del Poirot-verso, senza Poirot
Questa lettura mi ha confermato che non riesco ad apprezzare davvero le storie in cui Christie mescola al mystery degli elementi di spionaggio; infatti, "L'uomo vestito di marrone" presenta tutte le debolezze soggettive che già mi avevano fatto storcere il naso nel precedente "Avversario segreto" (con protagonista la coppia di avventurieri Tommy e Tuppence), con in più nuovi difetti decisamente oggettivi che lo fanno slittare in fondo alla mia classifica di gradimento dei romanzi della cara Agatha letti finora.
Non nego che la trama ad un primo acchito possa risultare interessante: si parte dalla Londra degli anni Venti, dove la protagonista Ann Beddingfeld assiste casualmente ad un incidente mortale nella metropolitana e decide di impegnarsi affinché la verità su questo caso venga svelata. La giovane non tarda a collegare la disgrazia ad un delitto per il quale è ricercato il cosiddetto "uomo vestito di marrone" e, seguendo una pista, finisce per imbarcarsi su un piroscafo in partenza da Southampton e diretto in Sud Africa. A bordo, Ann capisce di essere ormai coinvolta in una storia molto più grande di lei: non si parla più di un singolo omicidio, ma di una vera e propria rete criminale intessuta dal misterioso "Colonnello". Ad affiancare la narrazione in prima persona dal punto di vista della nostra avventuriera ci sono gli estratti dal diario personale di un altro passeggero, tale Sir Eustace Pedler, che chiariscono alcuni retroscena facendo spesso qualche passo indietro sulla linea temporale.
La scelta di portare due POV dalle voci tanto diverse da un tocco di particolarità alla storia ed è uno dei punti di forza del romanzo; peccato ce ne siano pochi altri. Mi sono piaciuti i confronti tra Sir Pedle ed il segretario Pagett, ma ho trovato spassosi anche i dialoghi tra i passeggeri del piroscafo durante le serate o tra Ann e la sua nuova amica Susan Blair. In un paio di scene, ho apprezzato poi il piglio deciso di Ann, inoltre ritengo che l'intreccio ed i personaggi secondari vengano gestiti abbastanza bene.
Accantonati i pochi elogi passiamo ai difetti, oltre al fatto che si tratta in fondo di una spy story, genere per nulla di mio gusto. Innanzitutto, il romanzo inizia con una serie di scene velocissime: assistiamo ad un gran numero di eventi senza avere neppure un attimo per metabolizzarli, e con noi la protagonista che in effetti non sembra turbata più di tanto dalle disgrazie in cui è coinvolta. Per quanto riguarda il lato mystery, molte delle intuizioni di Ann derivano in realtà da indizi che le cadono letteralmente addosso, e come farsi poi mancare il prolisso spiegone del villain nell'epilogo?
Esclusi i rari momenti di risolutezza menzionati prima, Ann si dimostra poi un personaggio terribile: è talmente decisa a voler fare da sé che non contatta mai le autorità, neppure quando la sua stessa vita è in pericolo, e dimentica tra una pagina e l'altra tutte le sue velleità di giornalista e di paleontologa. Ma la miglior dimostrazione della sua stupidità riguarda la parte romance, che non solo si basa sul più istantaneo dei instalove, ma poggia su presupposti tossici e disfunzionali visti dalla rintronata Ann come terribilmente romantici.
Ci sarebbe poi di che parlare in relazione al colonialismo e le sue conseguenze, per i quali manca un qualunque pensiero critico, ma visto il contesto storico direi che era inevitabile; ciò non toglie che potrebbe risultare fastidioso per i lettori contemporanei. Farà invece piacere a molti rivedere il colonnello Race, se come me già l'avevate incrociato in altri titoli dell'autrice (nel mio caso, è stato con "Poirot sul Nilo").
Per quanto riguarda le mie prossime incursioni nella bibliografia di Christie, credo che mi limiterò ai miei cari Poirot e Miss Marple, perché con i suoi altri protagonisti non sto avendo granché fortuna. Meglio rimanere sul mystery classico, lasciando da parte spy story e romance!
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