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La crisi esistenziale di Elie.
Georges Simenon, l’indimenticabile autore di tante indagini del commissario Maigret, maestro indiscusso del giallo, ha scritto altri numerosi romanzi tra i quali questo “Delitto impunito” del 1953 (“Crime impuni”), tradotto due volte in italiano, nel 1955 per i tipi di Mondadori ed ora, nel 2023, da Adelphi. E’ la tormentata storia di due personaggi: Elie, uno studente polacco di umili origini, ed un altro giovane, Michel, di agiata famiglia romena. I due, per motivi di studio, alloggiano in una pensione di Liegi, diretta dalla bonaria e materna signora Lange, madre di una bella ragazza, Louise: ognuno ha la sua camera, con i pasti ci si arrangia, la conduzione è familiare, l’atmosfera sembra serena. Elie è lì da anni: in rapporti burrascosi con la sua famiglia, introverso, scontroso, poco socievole, sembra aver trovato nella pensione un ambiente a lui confacente. La pensione è il suo mondo, svolge varie mansioni, vive in una camera non riscaldata, non è una bellezza, occhi sporgenti, capelli rossicci, viso gonfio. Tutto sembra procedere in modo monotono e tranquillo, un rifugio sicuro e lezioni all’università, quando arriva un nuovo inquilino, Michel, tutto l’opposto di Elie. Di bell’aspetto, ricco, gioviale, viene sistemato nella più bella camera della pensione, per di più riscaldata; tenta di farsi amico Elie, gli propone di uscire insieme, ma riceve solo dinieghi: come osava il nuovo arrivato invadere la vita degli altri, turbare un ordine precostituito, il suo ordine! Elie è roso dalla rabbia, vede ed invidia in Michel quelle doti che lui non ha. Quando poi si accorge che Michel corteggia Louise e riesce addirittura a portarsela a letto, si sente una nullità, una gelosia assurda lo attanaglia, deve far qualcosa, cova propositi di vendetta: Michel diventa per lui un intruso, una minaccia per gli equilibri della sua vita, non gli resta che sopprimerlo. Elie s’inventa un telegramma da casa che lo costringe a partire, prende una pistola e, in una via nebbiosa della città, incontra Michel e gli spara, fuggendo poi bel buio della notte convinto di averlo ucciso.
Nella seconda parte del libro, siamo in America, a Carlson City, Arizona. Sono passati 26 anni, ritroviamo Elie, ingrassato e quasi irriconoscibile, impiegato alla reception di un Hotel. Dopo aver vagato per l’Europa, era approdato a New York e poi in giro con vari impieghi fino a sistemarsi nella città mineraria. Vita tranquilla, quasi certo di non essere stato scoperto, fino al giorno in cui approderà all’Hotel un ricco imprenditore, il nuovo padrone, circondato da segretari e assistenti: è Michel, sopravvissuto allo sparo, con il viso in parte rifatto artificialmente. Un’occhiata, sembrano non riconoscersi, ma Elie sa che è lui e che sta per arrivare il momento della resa dei conti. Vorrebbe incontrarlo, parlargli, sgombrare la mente da dubbi e rimorsi, confessare la sua colpa, ma l’altro sfugge, non gli dà un’occasione, forse, di redenzione: allora, ecco il colpo di scena finale, prevedibile ma non scontato. Ai lettori il piacere di scoprirlo.
Elie esce sconfitto, non è riuscito ad accettare il suo stato, ricorrendo all’illecito e decretando la propria condanna. Una sorta di delitto e castigo di dostoevskijana memoria, una lettura tragica del baratro in cui Elie cade, vittima della sua chiusura al mondo ed alle sue infinite sfaccettature. Simenon conosce perfettamente l’animo umano, entra nelle pieghe più nascoste del carattere dei suoi personaggi con il suo caratteristico stile che, con precisione e sottile arguzia, scava in profondità svelando attitudini e conflitti interiori in una quotidianità apparentemente normale.
La storia è ben dettagliata e intrigante: se ne consiglia senz’altro la lettura.