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Quanti folli a Brighton
Alison Belsham continua con la serie dedicata al detective Sullivan di Brighton. Anche questa volta, così come aveva fatto con il tatuatore ci racconta la storia di un serial killer folle. Ma tanto folle da essere abbastanza incredibile. Mi verrebbe da pensare che se quelli raccontati nei romanzi della Belsham siano gli abitanti tipo di Brighton difficilmente mi farò una vacanza in quel posto. Premesso che il primo romanzo della serie: il tatuatore mi era piaciuto e non rinnego il mio commento. In questo caso però mi sembra che siamo andati un po' troppo in là con la voglia di eguagliare se non superare l'opera precedente. La storia è quella di una serie di cadaveri o di parti anatomiche trovati in vari posti pubblici della città, ognuno con a fianco qualcosa che richiama gli egizi e i loro metodi di imbalsamazione dei defunti. Ogni ritrovamento è più macabro e inquietante del precedente, forse troppo. Pur riconoscendo che l'autrice ha la capacità di descrivere in modo asettico e professionale le scene del delitto, forse avrebbe potuto limitare la sua fantasia macabra. Altro punto: il serial killer. Pur capendo che ci siano persone con manie tra le più disparate, mi sembra che anche qui siamo andati molto, ma veramente molto oltre il ragionevole. Avrei anche fatto a meno delle descrizioni dei metodi di imbalsamazione, e se proprio fossi stata attratta da queste pratiche le avrei cercate in un volume dedicato alla storia di questo popolo e non in un thriller.