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Invito a un week-end con delitti
La famiglia Cunningham è decisamente sui generis. Innanzi tutto non corre buon sangue tra i suoi componenti, ma ciò, di per sé, non costituirebbe una eccezione rilevante sulla media mondiale. Il fatto è che per un motivo o per un altro, tutti, ma proprio tutti, hanno causato la morte di un essere umano. Il narratore, Ernest (ma, in genere, chiamato Ern) parrebbe l’unico esente da questa menda, ma è una condizione, la sua, decisamente momentanea. Tra l’altro è la pecora nera della famiglia, reietto da tutti, perché, tre anni prima, aveva denunciato alla polizia suo fratello Michel proprio per aver ammazzato un uomo e aver poi chiesto, a lui, di seppellirlo clandestinamente in un boschetto. Ma i Cunningham non si rivolgono alla polizia. Mai!
Ora, su iniziativa della zia Katerine, sono stati tutti convocati in uno sperduto resort sulle montagne australiane innevate (e in procinto di essere colpite da una bufera che li isolerà dal Mondo, guarda caso!), per festeggiare, ufficialmente, il rilascio di Michel dalla prigione dove ha scontato tre anni di reclusione per quell’omicidio, derubricato a omissione di soccorso e occultamento di cadavere.
Però i Cunningham non sarebbero tali se, il giorno stesso del loro arrivo, non comparisse un cadavere davanti agli chalet dove sono alloggiati. Apparentemente è uno sconosciuto e forse è solo morto per il freddo della notte. Ma Sophie, sorellastra di Ern e affermato chirurgo, smentisce l’ipotesi più blanda: il viso dell’uomo è annerito come da un congelamento, ma in realtà ha la testa ricoperta di cenere, e una profonda abrasione attorno al collo denuncia un tentativo di strangolamento. Dopo una breve analisi la donna deduce che l’uomo, apparentemente sconosciuto a tutti gli altri, sarebbe morto in modo atroce, come soffocato dalla cenere di un incendio, ma la neve attorno a lui è intatta e solo un paio di tracce sulla neve conducono al luogo del ritrovamento: quelle del morto e del suo assassino.
Il poliziotto che ha raccolto la chiamata anonima, tal Darius Crowford, pare assolutamente inetto e incapace di condurre un’indagine seria. Toccherà a Ern scoprire chi era il morto e chi lo ha ucciso. Nel frattempo, dopo questo esordio, già di per sé inquietante, una serie di omicidi scuoteranno la tranquilla località sciistica australiana.
“Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno” è un giallo, ma, pur trattando di morti (alcuni dei quali, certamente uccisi in modo atroce) è un libro lieve e scanzonato. Il narratore, Ern, è uno dei componenti di quella scellerata famiglia, ma anche uno che si guadagna da vivere pubblicando (anzi auto-pubblicando) manuali che insegnano a scrivere gialli e polizieschi. È così fedele al decalogo dettato da Roland Knox per il suo Detection Club (di cui faceva parte pure Agatha Christie) da promettere ai suoi lettori, nel prologo, di essere un narratore assolutamente affidabile, non nascondere nessun indizio, ma di comunicarli non appena verranno alla luce. Addirittura, nel prologo, indica le pagine esatte del libro in cui ci sarà un morto o la rivelazione di un omicidio.
Questo atteggiamento ironico e anticonformista, viene mantenuto per tutto il volume, dove, non di rado, Ern si rivolgerà direttamente al suo pubblico, al suo editor o alla sua casa editrice, per spiegare certi passaggi, certi atteggiamenti, certi suoi comportamenti di investigatore per necessità o di romanziere, o per scusarsi di quelle che, a prima vista, parrebbero violazioni del decalogo o casualità sospette.
Insomma il tono burlesco si mantiene per tutto il libro anche a rischio di incappare in numerose rivelazioni che anticipano e potrebbero rovinare le sorprese e i colpi di scena. Ma, in fondo, lo scopo del romanzo non è quello di stupire il lettore con un palesamento finale inaspettato. In perfetto ossequio di una delle regole di Knox, ma come risulta elaborata e ampliata da VanDyne (“Il lettore deve avere le stesse possibilità del detective di risolvere il mistero. Tutti gli indizi e le tracce debbono essere chiaramente elencati e descritti.”) la soluzione risulterà palese ben prima che il colpevole venga smascherato dai protagonisti. Ma la storia è ugualmente piacevole da leggere, nel suo ben dosato mix di azione, suspense e umorismo garbato.
Di capitolo in capitolo, nel mentre vengono presentati e descritti i vari componenti di questa singolare famiglia e i “delitti” (lo scrivo tra virgolette perché non tutti lo sono realmente) di cui si sono macchiati, ci si addentra in un apparentemente caotico intreccio secondo il perfetto stile classico: la trama ricorda abbastanza il tipico giallo della stanza chiusa e utilizza la maggior parte dei topos di questa letteratura di genere. Sarà nel finale, come di prammatica ambientato nella classica biblioteca con caminetto, davanti a tutti i potenziali colpevoli, che l’apparente illogicità di alcuni eventi sarà spiegata da Ern, che ben reciterà la parte del Poirot di turno. Forse, l’unico appunto che può essere fatto a tutta la costruzione è che, a mio avviso, ci sono un po’ troppi casi fortuiti che convogliano la sequenza degli eventi in una predeterminata direzione, tuttavia tra flash-back e deduzioni più o meno geniali, il lettore non ne risulta disturbato.
Insomma un libro divertente, scritto in uno stile fluido e leggero; una buona parodia dei classici polizieschi dominati dall’investigatore onnisciente e deduttivo (Ern è l’esatto contrario) che fa passare lietamente le ore dedicate alla sua lettura.
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Ho comprato il libro perché mi aveva incuriosito il titolo. Beh, è stata una felice sorpresa, non un capolavoro, ma una boccata d'aria fresca in un genere che ormai tende a copiare sé stesso. Poi, un giallo ambientato tra le montagne innevate... dell'Australia? Dai! Basta questo a dare un indizio della novità.
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