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Mystery per solutori impazienti
Per questa recensione voglio cominciare chiarendo un dubbio che mi era sorto qualche tempo dopo aver acquistato "Donne che non perdonano"; avevo infatti scoperto che questo era il secondo libro in una duologia composta anche da "Il gioco della notte", uscito tre anni dopo ma indicato ovunque come il primo capitolo in questa fantomatica serie. Dopo aver letto entrambi desidero rassicurare chiunque sia interessato a recuperarli: non si tratta in alcun modo di due storie collegate! semplicemente l'editore svedese ha ben pensato di farne un'edizione bind up, unendo le due novelle in modo del tutto arbitrario, soltanto perché tutte e due raccontano episodi di vendetta familiare.
Ma passiamo nello specifico a questo fantomatico prequel, o forse sequel. La vicenda si svolge nell'arco di una sola notte a Skuru, una località nella contea di Stoccolma: è l'ultimo dell'anno ed un quartetto di ragazzi si riunisce per festeggiare. Liv, Max, Martina e Anton sono amici fin da bambini ma alcune esperienze traumatiche li hanno portati ad allontanarsi negli ultimi tempi; un gioco da tavolo, tanto alcool e qualche sostanza non meglio identificata sono la miccia che da voce ai loro sentimenti, tra i quali spicca il risentimento verso i genitori, a loro volta impegnati in una festa nella villa vicina.
Preferisco parlare subito e in breve dei lati positivi di questa lettura, per poi passare ai motivi per cui la ritengo a dir poco problematica. Di certo è un libro che si legge con grande facilità e molto velocemente; si lascia divorare al tal punto che potreste perfino essere così fortunati da non fare troppo caso ai passaggi più fastidiosi della narrazione. Un altro elemento a suo favore sono le prospettive dei quattro protagonisti, che permettono di capire come ognuno reagisca alle azioni degli altri. Se poi vi piace leggere di famiglie ricche e snob che nascondono più di uno scheletro nell'armadio, potreste farvi qualche gustosa risata alle spalle dei personaggi.
E ora, con la coscienza messa a tacere, posso dilungarmi sui motivi per cui questo titolo mi ha fatto perfino rimpiangere "Donne che non perdonano", con il quale in realtà condivide il difetto principale, ossia la superficialità nell'affrontare temi molto pesanti. Nello specifico, qui Läckberg vorrebbe parlare di pedofilia, violenza domestica e disagio adolescenziale, il tutto viene però trattato con una tale fretta da rendere impossibile approfondire alcunché, lasciando anzi il lettore nel dubbio di non aver neanche capito bene cosa sia successo.
Arriviamo così al secondo problema, ovvero le incongruenze nella narrazione, sulle quali la cara Camilla mette spesso un grosso cerotto (cit.) facendo cambiare idea ai personaggi da una pagina all'altra, senza neppure prendersi la briga di trovare una motivazione. Liv detesta Anton perché la definisce puttana un giorno sì e l'altro pure? nessun problema: basta che lui le chieda scusa a caso e lei scoprirà di amarlo! Non sono poi riuscita a rimanere seria di fronte ad alcuni dialoghi, troppo compassati e formali considerando che i protagonisti sono degli adolescenti completamente ubriachi e fatti.
L'ultima problematica riguarda proprio l'età dei personaggi principali, che ha spinto alcuni lettori ad etichettare il libro come YA: nulla di più sbagliato! Non solo perché il ritratto del comportamento adolescenziale risulta molto approssimativo, ma soprattutto per il modo frivolo con cui vengono tratteggiate le situazioni difficili in cui si trovato i quattro ragazzi, affrontandone alcune male e sorvolando sulle altre come se l'autrice se ne scordasse tra una pagina e l'altra.