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La sofferenza della condizione umana
"È nella natura delle persone immaginare che il vinto debba aver fatto qualcosa per meritare la propria rovina. La gente vuole che il mondo sia giusto. Ma il mondo su questo non si esprime".
«La sofferenza fa parte della condizione umana e bisogna accettarla. Ma l’infelicità è una scelta».
Difficile avvicinarsi a quest’ultima fatica di Cormac McCarthy senza aspettative. Dopo un capolavoro come La strada, è impossibile non avere un riferimento al quale paragonarlo di continuo.
E invece questo Il Passeggero è spiazzante tanto è diverso. L’unico punto di incontro a mio parere è nell’atmosfera che l’autore riesce a creare. Nel passeggero di tratta di disincanto, senso di oppressione, di impossibilità di superare la mancanza di una persona che si è amata, di vita in fuga non si sa dove e non si sa perché. Ma gli ingredienti di questa atmosfera sono anche molti altri.
Partiamo dalla trama, benché essa rimanga alla fine sullo sfondo e insoluta anche in quelli che dovrebbero esserne gli aspetti fondamentali. Ma non è lì il senso del libro ed è per questo che alcune parti non trovano una spiegazione perché non interessante.
Siamo nel 1980 e Bobby Western, di professione sommozzatore di recupero, scopre sul fondo del fiume Mississippi un piccolo aereo adagiato sul fondo. Nove persone tra passeggeri ed equipaggio. Eppure, scoprirà poi, ne manca uno, a quanto pare fondamentale. E manca anche la scatola nera.
Inseguito per ciò che in realtà non sa da due agenti di ignota provenienza (FBI?), Bobby Western si trova costretto a fuggire, benché non ne capisca il motivo.
Conto in banca bloccato, auto sequestrata. Un po’ alla volta non ha più niente se non i suoi amici strani e colorati ma che alla fine sono quelli che gli rimarranno sempre fedeli.
Va aggiunto che il protagonista oltre che essere un sommozzatore ha come padre un fisico che ha contribuito allo sviluppo della bomba atomica che distruggerà Hiroshima. Ed è anche studioso di matematica e pilota di formula 1. E questo rende il personaggio così complesso e sfaccettato e le conversazioni che intesse così varie.
E poi c’è la sorella Alicia, che viene ritrovata morta suicida nelle prime pagine del libro e con la quale Bobby da sempre ha avuto un rapporto incestuoso. Grande studiosa di matematica e ottima violinista Alicia è malata di schizofrenia. I capitoli che la riguardano sono in corsivo e sono quelli nei quali riceve le visite di strani personaggi frutto della sua fantasia.
I lunghi dialoghi che affollano il libro sono concisi e serratissimi, inclini al pessimismo, spesso fatti apposta per far perdere al lettore la cognizione di chi stia dicendo cosa. Ma in fondo non è così importante. Il senso è nel discorso che dal dialogo scaturisce.
L’atmosfera del protagonista in fuga, braccato, senza speranze e pieno di pessimismo, è ciò che ho più apprezzato.
Certo, c’è moltissimo altro in questo libro: ci sono colti rimandi letterari, ci sono dissertazioni di fisica, di filosofia, c’è un profondo nichilismo, e poi ancora e ancora. Più di così in un romanzo non credo si potesse far stare. E in questa parte non mi addentro lasciandola a chi ha già analizzato a fondo il romanzo anche perché non è forse in questo il senso di una recensione rivolta a chi è interessato alla lettura.
Il passeggero è un libro molto pieno e difficile, bello nella sua complessità ma spero di non essere sacrilega nel dire che forse non è così bello come La strada che io ho amato tantissimo. Va però dato atto a Mc Carthy di avere provato a 90 anni ad arrivare là dove nessuno, neanche lui, si era mai spinto, con un romanzo potente e complesso. Voleva arrivare oltre, e ci è riuscito
C’è chi ha detto che gli scrittori a venire saccheggeranno questo romanzo. Possibile, di sicuro.
C’è però una domanda molto semplice ed essenziale che credo occorra porsi di fronte a qualsiasi libro e la cui risposta può arrivare da mille motivazioni.
Mi è piaciuto? Ecco, sì mi è piaciuto ma credo che l’esperimento non sia totalmente riuscito. Non basta affastellare tanto, avere una prosa studiata, essere un grande scrittore per ottenere la garanzia di un capolavoro. Per me quindi, indipendentemente dalle ragioni che la generano, la bellezza sta nell’equilibrio (o nel disequilibrio, a seconda). Qui Mc Carthy non raggiunge il capolavoro che è La strada.
Vorrei chiudere con la frase che mi rimarrà impressa credo per sempre e che lascio a chi mi ha letto:
«Condividere la lettura anche di solo qualche decina di libri costituisce un vincolo ben più potente del sangue».
E ora aspettiamo con molta curiosità Stella Maris, il seguito de Il passeggero.
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Commenti
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Il libro mi interessa.
La domanda 'Mi è piaciuto?' è proprio quella che mi son posto dopo la lettura di "La strada" , libro che ho apprezzato ma non molto amato a causa delle estenuanti digressioni.