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Saint et Le Petit Prince
«”Questa penna”, spiega l’uomo d’affari, “è la terza scoperta importante che permette di risolvere il mistero della scomparsa di Saint-Exupéry. Il 31 luglio 1944 Antoine de Saint Exupéry decolla da Borgo, in Corsica, la mattina presto a bordo di un aereo americano, un cacciabombardiere P-38 Lightning, per una missione di ricognizione fino a Grenoble. Non risponde a nessuna chiamata radio. Alle 14.30 il suo carburante è esaurito. Alle 15.30 viene dato per disperso. Non ricomparirà più. Qualcuno ha pensato che potesse essere atterrato in Svizzera o nel Vercors per unirsi alla Resistenza… Poi cercheranno senza successo il relitto del suo aereo al largo di Saint-Raphael, sia in seguito alle testimonianze di alcuni piloti tedeschi, sia perché lì, a picco sul mare, c’è la casa di famiglia di Saint Exupéry, il castello di Agay. Più di cinquant’anni di ricerche non hanno portato il minimo indizio, la minima pista da seguire. La verità è scoppiata a settembre 1988 proprio qui, al largo di Marsiglia, quando il pescatore Jean-Claude Bianco tira su con la rete un braccialetto d’argento con targhetta. Nonostante i lunghi anni trascorsi in acqua l’incisione è ancora leggibile: Antoine de Saint-Exupéry (Consuelo) c/o Reynal and Hitchcock Inc. 386 4th Ave N.Y. City, Usa. Svelato finalmente il mistero! Saint-Exupéry è colato a picco da qualche parte sotto i nostri piedi.»
Ma se non fosse proprio andata così? Se le circostanze che hanno portato alla morte di Saint-Exupéry fossero ben diverse? Se fossero collegate proprio alla sua opera “Il Piccolo Principe”? Potrebbe infatti supporsi che le due morti siano collegate? Ed ancora, chi ha ucciso “Il Piccolo Principe”? Tante sono le ombre che si celano dietro la morte del romanziere ma anche dietro alla morte del Principe che fa sognare costantemente milioni di lettori. Saint-Exupéry è stato abbattuto da Horst Rippert? Si è suicidato dopo aver volato per un’ultima volta sopra la casa della madre? È sopravvissuto ed è stato fatto prigioniero? Oppure, ancora, è successo un qualcosa di cui alcuno ha tenuto conto? E se fosse stato fondato un apposito organo, il Club 612, composto da cinque membri atto a venire a capo della matassa e risolvere il mistero del personaggio e dell’autore?
Ha inizio da questi brevi presupposti “Codice 612” ultima opera di Michel Bussi che è prima di tutto un omaggio a “Il Piccolo Principe”, opera amata e stimata e che in un certo senso rappresenta l’infanzia ma anche l’età adulta per i messaggi che sa trasmettere e dedicare.
Tante le ricerche compiute da Bussi per la stesura di questo piccolo testo che si propone di offrire ai suoi lettori una vera e propria caccia al tesoro. Due i personaggi che ci accompagnano in questa avventura: Neven Le Faou, goffo e gigantesco ex aviatore che ha saputo riciclarsi come meccanico sull’Aeroclub du Soleil XIII e Andie (Ondine), detective stagista alla Fox Company, appassionata di Saint-Exupéry e del Piccolo Principe al punto da curare un blog a lui dedicato e che le permette di essere in contatto con tutti quelli che sono i fan sparsi per il pianeta.
«No, non si dimentica. Le cose che ami non si dimenticano, perché ti mancano. Come le persone.»
Il duo verrà avvicinato dal miliardario camerunense Oko Dolò, cofondatore del Club 612, verranno invitati sullo yatcht Diamante delle isole, ancorato a Calanque de Sormiou, vicino a Marsiglia, verranno informati del caso, verrà loro mostrata la stilografica Parker 51 e i rottami delle lamiere di un Lockheed P-38 Lightning ripescati al largo della Provenza nel 2000 dopo che nel 1988 proprio al largo di Marsiglia fu ripescato il braccialetto d’argento di Antoine. Un braccialetto, si noti bene, di cui alcuno aveva ricordo e ancor meno che alcuno aveva mai notato al suo polso. Da qui la missione: i due giovani dovranno incontrare i membri del Club 612, e con un fondo di spese illimitato ricomporre il puzzle. Dovranno raggiungere diverse parti del mondo (non pianeti come nell’opera) e Neven dovrà occuparsi della guida di un Falcon, jet privato. Prima tappa sarà l’isola di Manhattan dove incontreranno Marie Swann, al tempo cinquenne bambina dai riccioli d’oro, magari modella indiretta per il volto del Piccolo Principe, ed ancora dovranno incontrare Moisès, sull’isola di Conchaita, poi Izar alle Orcadi, ed ancora di Hoshi, ermita sull’isola del faro di Gedda in Arabia Saudita, ed ancora giungeranno alle Bermude. Tanti i punti di vista che dovranno affrontare e il puzzle che dovranno ricostruire.
«Lì per lì la coincidenza mi incuriosisce, poi la dimentico. Quando le coincidenze sono troppo impressionanti, nessuno ha il coraggio di diffidarne.»
“Codice 612” di Michel Bussi è uno scritto di appena 189 pagine che ha le tinte di un’indagine ma anche di una favola, un po’ come l’opera dalla quale prende spunto e idea. È un romanzo, ancora, intelligente e che rimanda ad altre opere dei grandi della letteratura del giallo quali quelle nate dalla penna di Agatha Christie. È un libro “studiato” nel senso che ha richiesto un gran lavoro di ricerca prima della stesura per assicurarsi che il dato storico e narrativo coincidessero e non collimassero, ma è anche un libro che sa mostrare i suoi punti di forza nell’ottica dell’indagine, soddisfacendo così il lettore amante dei gialli, nonché il lettore amante de “Il Piccolo Principe”.
Ma “Codice 612” è prima ancora un romanzo filosofico e poetico, una fiaba-gialla che sa far sognare e che invita a riscoprire un’altra favola. Accomuna ancora i lettori per l’effetto concatenato e il legame che può venirsi a instaurare con un personaggio narrativo, quante volte non a caso ci siamo chiesti quale fino potrebbe aver fatto il nostro eroe o cosa ne potrebbe essere stato di lui laddove a maggior ragione la sua figura si legasse a un fatto storico, politico, sociale o più semplicemente a una vita? Tra queste pagine ciò che più giunge è il messaggio che voleva essere lasciato ancor prima di Bussi da Saint-Exupéry.
È uno scritto che ha le sue pecche, può deludere perché ci si aspetta un giallo vero e proprio, può perdere di pathos perché in alcuni passaggi il ritmo narrativo rallenta un poco, ma resta un titolo che nei suoi intenti e scopi riesce perfettamente e che quindi ha anche punti di forza notevoli. La conditio sine qua non è amare questa favola che ha scaldato un po’ tutti i cuori, il resto viene da solo.
«Per voi che amate quanto me “Il Piccolo Principe”, noi sappiamo che tutto cambia nel cielo e nell’oceano, poiché ci preoccupiamo per una rosa.»
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