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La fine del mondo inizia da Munchkin Country
Siamo in uno scenario mondiale privo di una precisa datazione temporale, ma mai così drammaticamente attuale.
Negli Stati Uniti, considerati il "termometro politico" internazionale, tutti i riflettori sono puntati sulla 50enne Pauline Green, prima donna a essere diventata presidente USA, di stampo conservatore e amante del basso profilo e del buonsenso, con una vita privata di difficile gestione a causa della sfrontatezza adolescenziale della figlia Pippa e del rapporto coniugale ormai asfittico con Gerry.
E' statunitense anche Tamara Levit, agente CIA presso N'Djamena, la capitale del Ciad dove conosce l'attaché francese Tabdar Sadoul, in realtà agente DGSE (la corrispondente francese della stessa CIA): la loro collaborazione professionale sfocerà ben presto in una forte attrazione reciproca, ma entrambi avranno bisogno di un compromesso per conciliare sentimenti e lavoro, senza dimenticare che nello stesso territorio si muovono il loro collega 25enne Abdul John Haddad, infiltrato per sgominare un'organizzazione narcoterroristica, e Kiah, giovanissima madre rimasta vedova, ma determinata a raggiungere l'Europa per garantire un futuro migliore a sé stessa e a suo figlio Naji.
Infine, un volo di diciannove ore ci porta a Pechino da Chang Kai, 45enne marito della famosissima attrice Tao Ting e vice ministro per l'intelligence esterna: figura di chiara matrice riformista, avrà il suo bel daffare per respingere gli attacchi della vecchia guardia comunista rappresentata da suo padre Chang Jiangjun, dal suo capo Fu Chuyu e dal generale Huang.
Questi i personaggi ai quali è affidato il compito (ingrato) di gestire gli interi equilibri globali, con la minaccia sempre più reale di una Terza guerra mondiale combattuta con armi chimiche e nucleari a causa delle crescenti tensioni Ciad-Sudan e Corea del Sud-Corea del Nord, con quest'ultima intimidita anche internamente dal sentimento ultranazionalista inviso al leader supremo Kang.
Un romanzo-spy story inquieto e dai toni quasi apocalittici, nel quale si passa dai corridoi della Casa Bianca alla processione di villaggi dimenticati da Dio nella savana inospitale del Centro Africa fra archivi governativi remoti, bunker antiatomici, profughi senza speranza, spie nordcoreane, città-oasi e farraginosi interventi di mediazione.
Sebbene non manchino lunghi passaggi prosaici, la narrazione è resa accattivante da protagoniste femminili irresistibili, da un'atmosfera tetra e da un climax di turbamento sulla scala crescente dei livelli di allerta americani con cui vengono denominati i capitoli del testo: in un richiamo parziale agli avvenimenti propedeutici, loro malgrado, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale (dato che 'Tutte le catastrofi cominciano con un piccolo problema che non viene risolto'), il confine tra la rinascita e la rovina del mondo intero ormai non esiste più.
732 pagine di libertà, democrazia e giustizia contro violenza, intolleranza e paura, con un trepidante cliffhanger conclusivo che preannuncia (almeno) un sequel.