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Il declino di un indimenticabile investigatore.
Harry Bosch, il detective di Los Angeles della famosa e fortunata serie di Michael Connelly, si è ritirato dal servizio attivo e, con la collega Renée Ballard, svolge privatamente attività investigative: il duo, molto affiatato, si scioglie quando la Ballard viene richiamata in servizio e messa a capo di una nuova Unità Casi Irrisolti, sponsorizzata da un noto politico locale, Jake Pearlman, che vuole far luce sul brutale assassinio della giovanissima sorella Sarah, avvenuto molti anni prima (nel 1996) e mai risolto. Naturalmente la Ballard vuole Bosch nel suo team: lui accetta (è il quinto giallo della serie Ballard-Bosch), anche come volontario, senza distintivo né pistola, ricostituendo così il già sperimentato e affiatato duo. I casi irrisolti sono molti, giacciono in faldoni nei sotterranei (“la biblioteca delle anime perse”, la chiama Bosch), in attesa di essere riesumati e riesaminati, alla luce anche delle più moderne tecniche investigative: spicca su tutti la vicenda della famiglia Gallagher (padre, madre e due figli), sequestrati, portati nel deserto e uccisi con una pistola sparachiodi da un killer ignoto. Ma la priorità va ovviamente alla soluzione del caso che più interessa Pearlman, la morte della sorella. Gli investigatori si danno da fare, Bosch indaga da par suo, contravvenendo alle regole imposte dalla Ballard e sempre insofferente alla disciplina, convinto come sua abitudine che giustizia vada fatta a qualunque costo: qualche screzio sembra incrinare la pluriennale amicizia con la collega, ma alla fine la soluzione del caso, grazie anche all’aiuto di genetisti per il reperto di un DNA sospetto e di una singolare genealogista (è anche sensitiva), viene alla luce in modo inaspettato: il killer, autore anche di altri omicidi a sfondo sessuale, è una persona insospettabile che fa addirittura parte del nuovo team investigativo, sa che Bosch è sulle sue tracce, tenta di eliminarlo ma, alla fine, messo alle strette si suicida. Non resta che dedicarsi al caso Gallagher: i sospetti convergono sul collaboratore di Gallagher, titolare di un’impresa di macchinari per l’edilizia, Finbar Mac Shane, sparito dalla circolazione dopo la scomparsa della famiglia. Bosch procede minuziosamente, indagando anche per conto suo: è ormai anziano, stanco, le ferite per lo scontro a fuoco con l’assassino di Sarah lo hanno indebolito, ma non si dà per vinto. Scova il colpevole, sta per essere sopraffatto ma riesce ad avere la meglio e ad eliminarlo. Ballard, all’oscuro della sua iniziativa, lo trova infine sul luogo dello scontro finale: Bosch ha risolto il caso Gallagher, ma sembra rassegnato, indebolito anche dagli effetti del contatto con il Cesio radioattivo che da qualche anno ( vedi “La fiamma nel buio” del 2020) sta compromettendo la sua salute. L’ultimo commovente atto che compie, come promesso ai parenti una volta concluso il caso, è quello di spargere al vento, nel deserto, le ceneri dei Gallagher, accompagnato da Renée Ballard: “è un mondo pieno di rabbia, le persone fanno cose che non ti aspetteresti mai”, dice. Ammirando i fiori bianchi che spuntano dalla sabbia (le “Stelle del deserto”), Bosch sembra infine trasmettere a Renée la speranza in un futuro migliore: “… sono fiori incredibili, forti e implacabili, resistono al caldo e al freddo, a qualunque cosa provi a fermarli … sono come te”.
E’ un romanzo piacevole, ben costruito, scritto con il consueto stile essenziale, preciso, che connota e caratterizza i due personaggi principali, già ben collaudati in opere precedenti. Non mancano importanti figure secondarie, ben caratterizzate: ad esempio il politico ed un suo tirapiedi che vogliono esclusivamente per interesse personale risultati immediati, la figlia di Bosch, poliziotta che trepida per le indagini e la salute di un padre ormai anziano, una collaboratrice che crede di avere poteri extrasensoriali, fortemente osteggiata dalla Ballard e da Bosch, abituati ad utilizzare dati concreti e prove tangibili.
E’ ben nota la passione di Bosch per la musica: il passare degli anni ha modificato i suoi ascolti, tendenti in questo ultimo romanzo a preferire ritmi più lenti ed inclini alla malinconia, valga per tutti il celeberrimo “Whiter shade of pale”, una languida melodia dei Procol Harum che Bosch ascolta come sempre in solitudine, pensando al passato, a tempi forse più felici.
“La stella del deserto” va letto da chi ama il genere poliziesco, anche per capire risvolti meno noti del protagonista, la sua voglia di rendersi ancora utile nonostante le difficoltà legate all’età, alla malattia e ad un inesorabile declino: potrebbe anche essere una delle ultime avventure di un grande detective, difficilmente dimenticabile.