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Troppa carne al fuoco
“Questa storia un senso non ce l’ha mai avuto e mai l’avrà. C’è troppa carne al fuoco e va troppo indietro nel tempo. Non è necessario che abbia senso. Me l’ha detto Kay, e quando lei dice qualcosa, è così.” Basterebbe questo pensiero, esternato dallo stesso autore attraverso uno dei tanti, troppi personaggi presenti in questo libro, a riassumere in sintesi il giudizio su un'opera prolissa, caotica, esagerata. Ottocento e passa pagine che si leggono faticosamente, con una miriade di storie sovrapposte, intrecciate in modo confusionale, senza un reale filo conduttore, con una scrittura caratterizzata da frasi brevi, secche, fredde, un linguaggio scarno, dozzinale, con un numero incalcolabile di personaggi difficile da tenere a mente e nessun reale protagonista se non una Los Angeles spietata, cinica, cattiva, in periodo storico difficile per gli Stati Uniti, appena entrati nel secondo conflitto mondiale in seguito ai famosi fatti di Pearl Harbor. Probabilmente è proprio il ritratto storico la parte più interessante del libro, perché disegna un paese diverso da quello che viene fuori dai libri di storia, una nazione scossa dall'entrata in guerra, in cui l'interventismo lotta con le simpatie naziste di parte della popolazione, l'anticomunismo cozza con l'alleanza con i sovietici contro Hitler e soci, l'assetto multiculturale e multirazziale su cui si fonda la società, già messo a dura prova da un razzismo imperante, viene ulteriormente colpito da una vera e propria caccia all'uomo nei confronti dei cittadini di origine giapponese, ritenuti tutti traditori, terroristi, assassini dopo il 7 dicembre del 1941. I fatti narrati in "Questa tempesta" partono proprio a poche settimane dalla famigerata "Operazione Z", e si svolgono tra la notte di San Silvestro e il maggio successivo, in un continuo su e giù tra California e Messico. Inizia tutto con il casuale ritrovamento di un cadavere carbonizzato, risalente ad un tragico incendio di qualche anno prima. L'evento darà inizio ad un incessante effetto domino che, tra indagini pilotate, politica, corruzione, omicidi, salti temporali, vedrà storie apparentemente lontane unirsi, protagonisti scontrarsi, lottare, allearsi, tradirsi, fino ad un epilogo cupo, triste, che sa di sconfitta per la società, la Nazione, l'umanità tutta. In mezzo c'è spazio per un po' di tutto, dal sesso alla pornografia, dalla religione alla politica, passando per episodi di inaudita violenza, traffico di schiavi, rivolte popolari, persino improbabili complotti tra nazifascisti e stalinisti. Un eccesso di ingredienti che danno l'impressione di essere buttati lì a caso, incapaci di creare suspence, interesse, empatia, mescolati in maniera troppo superficiale per dare un risultato diverso da un noir ambizioso scaduto in un grossolano poliziesco di serie B infarcito di slang di questo tenore: "The boys are back in town. Piú che town era meglio dire ciudad . Boyle Heights era praticamente Tijuana nord. Territorio di tacos . Un grande cesto di mangiafagioli. Hola , stronzi. Adesso arrivano i guai. Tutti voi sporchi Juan e Diego stanotte prenderete un bel po’ di calci in culo.“
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Eloquente presentazione, netta la tua opinione.
Non ho mai letto l'autore.