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Da leggere tassativamente in autunno
Dopo anni dalla lettura di "Abbiamo sempre vissuto nel castello" finalmente ho trovato il tempo per dedicarmi a "L'incubo di Hill House", forse l'opera più celebre di Jackson anche per merito della recente serie TV targata Netflix parzialmente ispirata a questo romanzo breve. Però non rimpiango di aver lasciato passare tanto tempo perché l'inquietudine che i suoi libri sanno instillare resta presente per parecchio, quindi non stupitevi se il mio prossimo approccio alla bibliografia della cara Shirley sarà nel 2030!
La trama di fondo è alquanto semplice e si basa su una delle colonne portanti del genere horror, ossia la casa infestata. Hill House è infatti una dimora isolata dalla triste fama, e proprio questa sua nomea attira le attenzioni del professor John Montague -appassionato di fenomeni paranormali- che la affitta per trascorrerci un'estate in compagnia di persone già affini al mondo del sovrannaturale. Al momento del ritrovo, lo studioso si rende conto ad avere solo tre coinquilini: il nipote della proprietaria Luke Sanderson, l'artista e telepate Theodora "Theo" e l'introversa Eleanor "Nell" Vance, ossia il punto di vista attraverso cui l'autrice filtra la maggior parte delle vicende. A completare il quadro (e ad aumentare l'angoscia della sottoscritta!) abbiamo i Dudley, la coppia di custodi nonché gli unici abitanti della vicina Hillsdale ad osare avvicinarsi alla casa.
E proprio la casa è la vera protagonista di questa storia dove personaggi e trama fanno un po' da contorno a questa dimora terrificante sia nell'aspetto che nella storia. Questi elementi vengono analizzati pian piano nella narrazione, perché i dettagli architettonici di Hill House colpiscono da subito ma solo in un secondo momento si arriva a capire come la struttura stessa dell'abitazione sia stata concepita per disorientare gli abitanti; allo stesso modo, nelle prime pagine si fa cenno alla fama sinistra di cui gode la casa, ed è dopo che il professor Montague arriva ad illustrare cosa sia effettivamente successo ai precedenti inquilini.
La potenza delle descrizioni di Hill House è data ovviamente dallo stile di Jackson, che riesce a comunicare genuino terrore sensoriale ed evocare immagini molto nitide, senza mai perdere la sua eleganza. Ho apprezzato come il senso di disagio aumenti con il proseguire della narrazione, man mano che i personaggi sembrano sempre più lontani dal resto del mondo. In tutto ciò, l'autrice è riuscita perfino ad inserire una parentesi comica, che incredibilmente funziona e contribuisce a rendere ancora più spaventosi i successivi attacchi della casa.
Come detto, i personaggi non sono il focus del libro, ma trovo che formino comunque un ben gruppo di caratteri subito distinguibili; mi ha anche stupito l'inclusione di un personaggio LGBT+ tra i protagonisti di un romanzo ormai classico. Eleanor invece non mi ha colpita particolarmente: il suo POV è particolare, ma risulta spesso una distrazione per il modo in cui si relaziona agli altri.
A parte questo aspetto, e ad una relativa lentezza nel ritmo, gli unici due nei nella lettura sono strettamente collegati alla prosa: il primo è la scelta di utilizzare quasi sempre il verbo dire nei dialoghi, con il risultato di rendere poco chiara l'idea del tono adottato dai personaggi, soprattutto se consideriamo quanto questi siano delle figure ambigue; l'altro riguarda l'assenza di segni grafici o di una particolare formattazione che distingua i pensieri di Eleanor nel testo narrato in terza persona. Capisco benissimo che si tratta di una minuzia, ma proprio per questo sarebbe stato tanto facile correggerla in fase di editing.