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È quasi magia Lukey
Mi trovo decisamente combattuta all'idea di assegnare una valutazione a "L'istituto", perché si tratta di una lettura che mi ha sicuramente intrattenuto, ma anche trasmesso emozioni molto contrastanti; di conseguenza mi vedo costretta a calcolare una sorta di media tra la prima e la seconda metà del romanzo. È una soluzione necessaria che però non mi convince appieno: se penso a come sono stati malsfruttati alcuni personaggi mi sembra di essere stata fin troppo generosa, e per contro ci sono delle scene che potrebbero ambire alle cinque stelline, specialmente quelle con protagonista Avery "Avester" Dixon. Essendo un libro così lungo e denso di avvenimenti, mi sembra anche comprensibile ispiri sentimenti diversi.
La trama di base non ha nulla di troppo complesso, e segue principalmente il dodicenne Luke "Lukey" Ellis, ragazzo geniale nonché dotato di lievi poteri telecinetici; proprio a causa di questa abilità, Luke verrà rapito e portato nella Prima Casa del cosiddetto istituto, una struttura paramilitare nel Maine in cui vengono rinchiusi diversi ragazzini con poteri psichici. La ragione dietro l'esistenza di una simile struttura non è troppo difficile da indovinare, così come si può intuire anche quale sia il collegamento tra la storia di Luke e quella di Tim Jamieson, ex poliziotto reinventatosi come guardiano notturno in una cittadina del South Carolina del quale ci viene mostrato il percorso nei primi capitoli del romanzo.
Nonostante la relativa semplicità il volume si dimostra ben ritmato, specialmente quando Luke inizia attivamente ad elaborare un piano per fuggire dall'istituto insieme ai ragazzi con i quali ha stretto amicizia nel frattempo. Anche la risoluzione finale mi ha convinta a livello concettuale, seppur pecchi un po' di ripetitività a tratti: forse il caro Stephen voleva essere certo di aver spiegato al meglio la contrapposizione tra il modo di pensare di Luke e quello dei suoi antagonisti.
Oltre ad un concept di base molto interessante da analizzare ed al sempre ottimo stile narrativo di King, questo romanzo presenta anche una serie di valide relazioni tra i personaggi -soprattutto in fatto di amicizie e rapporti familiari non convenzionali- nonché delle riflessioni su temi etici non scontate. In particolare, il romanzo vuole proporre un versione più complessa dell'esperimento mentale noto come il problema del carrello ferroviario, potendo da un lato un ipotetico bene superiore e dall'altro la sofferenza certa di migliaia di ragazzini.
Per quanto riguarda invece gli aspetti che non mi hanno convinta, mi potrei dilungare in tanti piccoli difetti (come la presenza di un numero eccessivo di comprimari o la totale assenza di tensione per buona parte del libro) me penso sia possibile includere quasi tutti sotto il grande ombrello degli antagonisti. I vari responsabili e dipendenti dell'istituto dimostrano un grado di incapacità imbarazzante in un'organizzazione che da decenni si occupa di rapimenti, torture ed omicidi; come non bastasse, ci sono moltissimi capitoli dal loro punto di vista, e questo rende impossibile per il lettore preoccuparsi realmente per le sorti dei protagonisti, visto che già sa cosa i presunti cattivi stanno macchinando.
Un altro elemento per me non riuscito è l'arco narrativo dedicato a Maureen "Mo" Alvorson, un personaggio che l'autore tenta in ogni modo di mostrare come patetico per rendere giustificabili le sue azioni, spingendo perfino Luke a vederla soltanto in una luce positiva. Non escludo che a qualcuno Maureen possa ispirare compassione, ma personalmente non ho proprio digerito il suo comportamento, anzi: più dettagli venivano aggiunti alla sua storia, meno la trovato degna di redenzione.
Tutto considerato, questo romanzo avrebbe potuto regalare una storia più emozionante, viste le ottime idee alla base. Rimane comunque una buona lettura, capace di coinvolgere e spingere anche ad alcune riflessioni interessanti.