Dettagli Recensione
Delitto e castigo in miniatura
Stefan Zweig si distingue per la sua ampia produzione di romanzi brevi, di cui questo “Paura” fa parte. Ovviamente, per poter creare opere così brevi che siano efficaci, bisogna possedere una incisività fuori dal comune, capacità che pochissimi scrittori hanno: Friedrich Dürrenmatt e Leonardo Sciascia ne sono probabilmente gli esempi più lampanti. Su Stefan Zweig ho ancora qualche dubbio: dopo il piacevole “La novella degli scacchi”, questo romanzo mi ha lasciato qualche perplessità: pur ricordandomi in certi tratti il “Delitto e castigo” dostoevskiano, il tormento di Irene non arriva potente come quello di Raskol’nikov. Certo, stiamo parlando di un capolavoro senza tempo e certo il personaggio protagonista di questo romanzo non si è macchiato di una colpa grave come quella del russo, tuttavia il focus mi sembra lo stesso e non arriva con la stessa efficacia. Anche qui, infatti, l’eventuale castigo con cui dovrebbe essere punita la colpa non è mai peggiore della paura di essere scoperti, di perdere tutto ciò che si ha e che fino a quel momento non si era apprezzato abbastanza, dei sensi di colpa nei confronti di coloro che abbiamo fatto soffrire. Eppure non siamo in grado di porre fine a questo tormento, il castigo ci spaventerà sempre di più, anche se la paura dovesse finire per consumarci a morte.
È questa la situazione di Irene, su cui è focalizzata la storia raccontata da Zweig: il nostro sguardo non si distoglierà mai da lei e, sebbene la storia non sia raccontata in prima persona, verremo a conoscenza dell’ininterrotto turbinio interiore che la coinvolgerà fin dall’inizio del romanzo. Ma cos’è che turba così tanto Irene? Non l’omicidio di una vecchia usuraia, bensì il tradimento del letto coniugale, con una relazione che sembra averla quasi rapita inerme, senza che lei facesse nulla, nemmeno troppo infelice del suo matrimonio. Irene è una borghese annoiata, che nella sua vita tranquilla si lascia trascinare in qualsiasi esperienza fuori dai binari ma senza impeto, bensì quasi per inerzia. Quando una donna scoprirà il suo tradimento e comincerà a ricattarla, allora comincerà il suo tormento: la sua persecutrice diventerà sempre più avida, suo marito sempre più sospettoso, la sua vecchia vita tanto bistrattata diverrà ai suoi occhi preziosa come l’oro e ormai irraggiungibile. Un tormento che la porterà fino alle conseguenze estreme e ad una inaspettata conclusione.
“Se non mi fa pena? mi chiedi. E io ti rispondo: no, oggi non più. Adesso che ha ricevuto il castigo sarà sollevata, anche se le sembrerà duro. Infelice, piuttosto, lo era ieri - quando il povero cavallino languiva a pezzi nella stufa, tutti in casa lo stavano cercando e, di ora in ora, cresceva in lei la paura che potessero trovarlo, che lo trovassero davvero. La paura è peggio del castigo; perché alla fine il castigo è qualcosa di determinato e, sia pesante o meno, è sempre meglio della spaventosa incertezza, della tremenda tensione che si prolunga all'infinito.”
Commenti
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Zweig è un autore che effettivamente non riesco a collocare, ma ho in programma di leggere a breve "Il mondo di ieri", che ho già in libreria.
Per quanto riguarda Dürrenmatt e Sciascia che ne parliamo a fare... veramente di un livello superiore.
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Vedo che su Zweig mantieni qualche dubbio, dubbi che provo in me assai amplificati : dopo la lettura appagante di "Il mondo di ieri" , ho avuto solo delusioni dagli altri suoi libri letti.