Dettagli Recensione
Il mio nome è Mathilde Perrin, Perrin Mathilde
«L’omicidio è avvenuto a maggio. Alla vigilia delle vacanze, il commissario Occhipinti ha un unico desiderio, sbarazzarsi di quel caso che puzza un po’ troppo di bruciato. Vassiliev, invece, è stato esonerato al termine della prima settimana […]. I funzionari che lo mettono da parte non vanno per il sottile: non è all’altezza. Vassiliev non se ne lamenta.»
Se volessimo trovare una serie di ingredienti atti a definire “Il serpente maiuscolo” di Pierre Lemaitre non potremmo che non inserire tra questi ironia, humor ma anche drammaticità. A questi aggiungeremmo ancora una discreta dose di componente grottesca ma anche un tocco graffiante ed esilarante con immagini crude in perfetto stile francese ma anche in hard boiled per ricollegarci al filone americano. Un susseguirsi di emozioni e colpi di scena che conducono senza difficoltà a un epilogo che sa trattenere ma anche stupire.
Quante volte nel nostro vivere quotidiano siamo stati ossessionati da “pensieri serpenti” o da circostanze che proprio non ci volevano lasciare in pace. Per l’ispettore Vassiliev questi sono il commissario Occhipinti, un inetto mangiatore di arachidi ma anche un assassino che non vuol saperne di farsi catturare anche quando a essere commesso è un errore fatale.
Siamo nel 1985 e quindi siamo in un periodo storico dove ancora tutti i vantaggi della tecnologia e il suo divenire in crescita costante e rapido non sono ancora sopraggiunti. Venire a capo di intrighi, moventi, ricomporre indizi o trovare prove, non sempre è così semplice e/o intuitivo. Non lo è neanche oggi che abbiamo molti strumenti in più, figuriamoci allora – anche se non parliamo della Preistoria. Per risolvere l’arcano l’ispettore deve fidarsi del suo istinto ma ascoltare quella vocina può diventare estremamente difficoltoso se occorre interfacciarsi con una donna che nel suo essere è fuori dagli schemi e assolutamente impensabile come serial killer.
Mathilde Perrin, infatti, con i suoi sessantatré anni, la sua vedovanza e il suo vivere con un dalmata nella villetta a Melun, non lontano da Parigi, è certamente il serial killer meno pensabile della faccia della storia. Eppure, proprio lei, con i suoi modi, classe e aspetto, è artefice di molteplici morti. Dietro alla sua eleganza si nasconde un sicario implacabile e soprattutto inarrestabile. Dalla freddezza inequivocabile. Non sbaglia un colpo, la donna. A sangue freddo è portato a termine ogni compito che il comandante – suo superiore sin dalla Resistenza – le affida. Nessuna pallottola. Lavori puliti, senza sbavature, errori o distrazioni. Questo grazie anche alla sua grande intelligenza, al suo essere sempre eclettica. Salvo questa volta dove una pallottola è partita. Una pallottola sparata troppo da vicino per soddisfare quel desiderio di crudeltà gratuita, di violenza. Ma cosa sta succedendo alla donna che stranamente non si disfa dell’arma, si convince di una colpevolezza del vicino a danno del cane e sbaglia anche bersaglio? Vassiliev con la sua testa piena di serpenti, nel mentre, individuerà il serpente maiuscolo? Individuerà questo assassino feroce e crudo che senza remore colpisce e uccide? Chi riuscirà a fermarla? Sarà forse Henri l’uomo che ha sempre amato – e che a sua volta da sempre la ricambia – a riuscire nel compito?
Un titolo rapido, di facile lettura, curioso e capace di trattenere è “Il serpente maiuscolo” di Pierre Lemaitre, scritto al cui interno è contenuto tutto l’humor macabro e caustico proprio della penna francese. Il risultato è uno componimento che si lascia godere, non troppo impegnativo ma capace di trattenere nel suo mistero e donare qualche ora lieta.