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La cripta a combinazione e gli antenati di Hulk
Il giovane ispettore Dick Martin, detto l’Anguilla, ha presentato le dimissioni da Scotland Yard a seguito di una cospicua eredità che gli ha tolto le preoccupazioni economiche. Tuttavia il destino cospira perché continui a fare l’investigatore. Come ultimo incarico il suo capo, l’ispettore Sneed, lo incarica di rintracciare un libro rubato in una biblioteca cittadina e qui fa la conoscenza di Sybil Lansdown un’affascinante, giovane bibliotecaria. Nei giorni successivi, poi, l’avvocato Havelock lo incarica di rintracciare lord Pierce Selford, l’ultimo erede della casata che da anni non fa che girovagare per il mondo senza restare più di qualche giorno nello stesso luogo. Prima di partire per questa lunga ricerca in giro per il globo, Dick ospita a casa sua il ladruncolo Lew Pheney che dopo aver fatto un “lavoretto” macabro (tentare di aprire una tomba) si sente minacciato dal suo mandante. Ma, proprio in un momento in cui Dick è assente da casa, qualcuno vi fa irruzione e uccide Lew.
Al ritorno dalla sua infruttuosa ricerca semestrale di Lord Pierce molti saranno i nodi che Dick dovrà risolvere, giacché tutte le vicende lasciate in sospeso sono collegate e portano alla tenebrosa cripta dei Selford, ove c’è una cappella misteriosa chiusa da una porta con sette complicate serrature che debbono essere aperte tutte per consentire l’accesso. Cosa vi è nascosto dentro? Chi possiede le varie chiavi? Come mai pure la dolce Sybil è coinvolta in questo pericoloso intrigo? Chi sono quelle mostruose creature semi-umane che si aggirano nelle campagne seminando violenza?
Questo romanzo (del 1926) è un tipico esempio dei gialli scritti da Wallace, prolifico autore inglese della prima metà del secolo scorso. In esso ci sono tutti gli elementi con cui “farciva” le sue opere: azione avventurosa; una vicenda abbastanza intricata con qualche colpo di scena; un po’ di romanticismo condito da una dolce e avvenente presenza femminile; quel po’ di mistero necessario a giustificare il genere letterario; un luogo tetro che dovrebbe suscitare qualche brivido; uno scienziato pazzo dedito a esperimenti immorali; un’entità misteriosa dalla forza erculea; un rompicapo da sbrogliare per il protagonista di turno, invariabilmente eroico, belloccio e intraprendente.
Con una prosa fluida e di facile lettura l’A. conduce attraverso le varie movimentate vicende senza la pretesa di tratteggiare un enigma particolarmente complesso per gli amanti del giallo investigativo, quanto piuttosto di raccontare una storia piena d’azione e di emozioni che forniscono un gradevole intrattenimento per qualche ora di lettura.
Assai probabilmente l’intreccio non regge a una pignola indagine che ne voglia accertare la perfetta logica, coerenza e credibilità. Anche il lettore distratto può accorgersi delle incongruenze e contraddizioni. Le “creature” del professor Stalletti, tanto simili all’Incredibile Hulk dei fumetti, fanno sorridere e nessuna volontaria sospensione dell’incredulità ce li può far accettare. Ma, superati questi limiti, in generale la storia regge e, se l’unica pretesa è quella di svagarsi per un po’, l’obiettivo è raggiunto in gran misura.
Quindi, tutto sommato, si tratta di un libro consigliabile a chi ama questo genere letterario.
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Chiudo con una considerazione, o meglio, un quesito che è restato senza risposta: l’anima nera di tutta la storia è il professor Antonio Stalletti che, per quattro quinti del romanzo, è definito come un medico italiano dedito a esperimenti riprovevoli di vivisezione. Solo in finale si dice che in realtà questo “scienziato pazzo” sarebbe di origine greca. Ora, giacché il romanzo fu diffuso per la prima volta in Italia nel 1932, quando, per il regime fascista non era concepibile pubblicare qualcosa che denigrasse l’Italia o i suoi abitanti. Mi viene da chiedere se quella precisazione in fin di storia non sia stata aggiunta (magari, addirittura, in modo apocrifa dal traduttore) unicamente per consentire il passaggio della censura. Purtroppo non possedendo la versione in lingua originale il dubbio mi è rimasto.