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IL VELENO E'... NELLA CODA
“Voleva condannarsi… perché si giudicava secondo misure di valore molto più severe di quelle che, ordinariamente, il genere umano è abituato ad applicare!”
Elinor Carlisle. Una di quelle donne che sembrano destinate ad una vita agiata, lontana da ogni difficoltà. Se non fosse che il destino non è addomesticabile: la morte della vecchia zia malata, unica titolare di un enorme patrimonio; l’acquisizione ereditaria da parte di Elinor, parente più prossimo della defunta, che non ha fatto in tempo a fare testamento; poi l’omicidio (per avvelenamento da morfina) di Mary Gerrard, la ragazza che aveva accudito la zia per l’intero periodo di malattia, e alla quale la stessa era affezionatissima. Tutto in pochi giorni.
Ed è per tale ultima morte – avvenuta durante uno spuntino a base di tartine – che Elinor si ritrova alla sbarra, unica imputata in quanto unica ad avere un movente: nella sua testa, la giovane e incantevole Mary le stava portando via non solo l’affetto della vecchia zia, ma anche Roderick… Roddy, l’amato Roddy...
Un giallo particolarmente robusto nella bibliografia della Christie, per merito di un intreccio molto semplice: la scrittrice britannica è bravissima a costruire una situazione essenziale, sin dalla scena stessa del delitto (dove sono presenti soltanto tre persone, compresa la vittima). E, come nei migliori romanzi della regina del giallo, il motore della narrazione è la psicologia dei personaggi nella situazione-limite rappresentata dal togliere volontariamente la vita ad un essere umano (un tema sviluppato al suo apice nel celeberrimo “Dieci piccoli indiani”).
Hercule Poirot interviene sulla scena solo nella seconda metà del romanzo, quando il processo ad Elinor Carlisle è già in corso. E – vera particolarità di questo libro – non sarà lui ad indicare l’assassino né come si sono svolti i fatti: aprirà invece la strada a chi difende l’imputata (l’intera risoluzione della vicenda sarà infatti svelata all’interno del processo, e in particolare nell’arringa finale dell’avvocato difensore).
Negli ultimi capitoli la dimostrazione della bravura (tecnica e giallistica) dell’autrice è nel riportare il lettore alla soluzione che inizialmente sarebbe stata la più ovvia, e che è stata invece abilmente occultata nel corso del romanzo, disseminando una serie di legittimi dubbi e sospetti sulle varie comparse della vicenda.
Sotto questo aspetto, l’abilità di Agatha Christie è davvero impareggiabile. Già solo come opera di genere, dunque, “La parola alla difesa” vale le ore che vorrete dedicare alla sua lettura.