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Come in una canzone di Springsteen
Il genere letterario non è certo nuovo: di romanzi polizieschi, di noir in cui un serial killer imperversa per le strade di una città americana e la polizia deve industriarsi per trovare il colpevole, ne sono stati scritti un’infinità. Questo libro però ha alcuni elementi che ne costituiscono un valore aggiunto e pertanto meriterebbe attenzione e tempo da dedicargli.
Il primo di questi è l’ambientazione: il quartiere di Kensington, zona nord di Philadelphia, Pennsylvania, esiste realmente e basterebbe dare un occhiata alle fotografie di Jeffrey Stockbridge (fonte di ispirazione per l’autrice) per rendersi conto del degrado di questa periferia. Spaccio e consumo di droga, prostituzione femminile, povertà, sono le presenze costanti di questo territorio lungo il quale si dipana la narrazione, e che la Moore riesce a trasmettere al lettore quasi come se si trattasse di immagini che si focalizzano nella mente (“Fuori dai finestrini: il solito miscuglio di gente che cerca una dose o se ne è appena fatta una. Metà delle persone sui marciapiedi pare sciogliersi lentamente a terra, incapace di reggersi sulle gambe. Chi fa battute su cose del genere la chiama l'inclinazione di Kensington").
Un quartiere che nel corso del ventesimo secolo si è completamente trasformato a causa del declino dell’industria manifatturiera, assumendo i contorni della periferia degradata tipicamente americana.
Il secondo elemento è rappresentato dall’alternanza della narrazione tra passato e presente, costruita in modo tale da creare una complementarietà, come si trattasse delle tessere di un puzzle che deve ricomporsi. Nel passato si scopre il progressivo sgretolamento di un legame familiare forte tra due sorelle rimaste orfane; legame che la dipendenza dall’eroina di una delle due trasforma, indebolisce, fino a provocarne l’annullamento. Al punto che Michaela, la poliziotta protagonista, come unica soluzione per cercare di mantenere vivo il rapporto fraterno, si affida all’azione di pattugliamento che compie per le strade di Kensington sperando di trovare Kacey, la sorella, ancora viva in mezzo alla massa di disperati che si trascinano sui marciapiedi in cerca di una dose.
Nel presente invece è collocato il racconto poliziesco vero e proprio, la ricerca di quel serial killer che prende di mira donne disperate, prostitute costrette a mettersi sulla strada per pagarsi una dose di eroina.
Il terzo elemento infine è incentrato su Michaela, la poliziotta che narra in prima persona e dalle cui parole si percepisce la sofferenza per la perdita della propria famiglia, padre, madre, sorella, tutti in qualche modo vittime della droga, che forse è la vera protagonista del romanzo.
Merito della Moore è di avere tratteggiato una protagonista a modo suo debole insicura, restia a fidarsi nel prossimo ma che proprio per questo riesce a trovare dentro di sé quella forza necessaria per provare a svelare il mistero attorno agli omicidi di Kensigton.
I Cieli di Philadelphia è un romanzo stratificato, che si sviluppa con una certa lentezza e che assume i contorni di una denuncia ed un monito ai lettori nel ricordare quanto la droga possa letteralmente rovinare per sempre la vita delle persone, comprometterne gli affetti.
Un romanzo da leggere, magari con un accompagnamento musicale di sottofondo, una ballata inesorabile e triste: “The streets of Philadelphia” di Springsteen.