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Il castello d'Otranto
 
Il castello d'Otranto 2021-08-03 15:50:14 Lety123
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Lety123 Opinione inserita da Lety123    03 Agosto, 2021
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Sovrannaturale o storico?

“Il Castello d’Otranto” è definito il primo romanzo di genere gotico scritto da Horace Walpole di cui la prima edizione risale al 24 dicembre 1764 ma il libro di cui dispongo fu pubblicato nel 1999 da Superbur classici.
Walpol è stato uno scrittore inglese del 1700, non pubblicò molte opere ma solo alcuni romanzi tipo la tragedia “the Mysterious Mother” e alcuni libri di argomento storico e artistico - antiquario come “Aedes Walpolianae”. Famoso fu il suo vasto epistolario, ma in ogni caso la sua opera più famosa è “il castello d’Otranto”.
Mi avevano parlato di questo libro come se avesse l’obbiettivo primario di suscitare sorpresa e di stimolare l’attrazione verso il sovrannaturale ma leggendolo mi sono accorta che in verità raffigurava particolarmente la vita e i costumi dell’epoca feudale com’era veramente. Mostrando la poca importanza che davano in quel periodo alle donne, come venivano scambiate tra famiglie come se fossero oggetti, leggendo questi argomenti in un periodo di molta più libertà per esse ciò sembra quasi irreale, come una favola. Comunque non posso dire che non ci siano scene paranormali, ciò è innegabile, perché infatti Walpole usò questo tumulto di vicende messe in atto dalla macchina del sovrannaturale in cui dipinse la sua “denuncia” all’epoca antica. Analizzandolo in modo più generale: questa è una storia di amicizia, tra Matilda e Isabella che nonostante tutte le sventure continuarono a comportarsi come vere amiche, quasi sorelle. È una storia d’amore, con Teodoro che si trovava nei cuori di tutte le fanciulle che incontrava e anche nel momento della morte della sua amata mostrò il suo amore in modo così folle da far venir voglia di piangere con lui per placare il suo dolore. È una storia di mistero, con oggetti piuttosto strani, il finale sorprendente e le stranezze e i segreti di tutti i personaggi della storia.
Un’altra caratteristica del libro che mi ha affascinata è stato il personaggio di Manfredo: descritto costantemente come un tiranno odioso, che trattava in modo irrispettoso chiunque incontrasse, che sembrava non provasse sentimenti neppure per il ritrovo fra un padre e un figlio che non si vedevano da anni, finisce con un’unica scena che fece crollare questa sua facciata rendendolo fragile per un’unica volta: in quel caso mostrò i suoi veri sentimenti, il suo vero dolore, come solo un padre potrebbe fare.
Lo stile usato dallo scrittore è evidente che sia molto antico: sia perché utilizza parole di un lessico molto elevato sia perché molte di quest’ultime non sono neppure più usate oggi. I personaggi mi hanno colpito molto ed inoltre anche il loro modo di parlare quotidianamente con un lessico così alto mi ha fatta sentire parte di quell’epoca anche se solo per qualche giorno perciò anche se la storia non mi è sembrata molto scorrevole, l’autore ha compensato con i personaggi talmente interessanti da farmi appassionare alla vicenda.

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Commenti

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Ciao, Letizia.
Non l'ho letto. Vedo che non sei stata affatto entusiasta. Non mi son perso nulla di 'imperdibile' , dunque.
Posso assicurare che si tratta di un libro assolutamente dimenticabile. Lo lessi una decina d'anni fa, aspettandomi di trovare i semi di quello che sarebbe diventato il filone gotico-horror, ma dove il racconto non scivola nel comico (involontario) resta comunque di bassissimo livello. Malignamente mi viene da pensare che se l'A. non fosse stato il 4° conte di Oxford, forse non avrebbe trovato nessuno disposto a pubblicarlo, neppure nel XVIII secolo.
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