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Persone malvagie
Se è vero che sono andata un po' "a scatola chiusa", non essendomi informata della storia e delle recensioni, è altrettanto vero che questo romanzo si è rivelato parecchio diverso da come mi era apparso ad un'occhiata superficiale. E se anche voi, vedendo tutto quel giallo in copertina, avete supposto di essere di fronte ad un mystery è il momento di ricredervi: si tratta infatti di un thriller dalle atmosfere insolitamente rilassate, che punta tutto sulla caratterizzazione dei personaggi e il dispiegamento al contrario della trama. Non proprio il romanzo che mi aspettavo quindi, ma sicuramente quello di cui avevo bisogno, per parafrasare il commissario Gordon; vediamo ora perché potrebbe fare anche al caso vostro.
Come anticipato, la narrazione parte dove molti romanzi terminano, ossia con la conclusione di un'indagine; se a questo aggiungiamo il fatto che nessuno dei POV presenti è quello di uno degli investigatori, capirete da subito come "L'uomo che voleva uccidermi" sia ben lontano dall'essere un giallo. Il delitto al centro della storia è il brutale omicidio della giovane rappresentante Ishibashi Yoshino, per il quale è stato arrestato l'operaio edile Shimizu Y?ichi: questo viene chiarito fin dalle primissime pagine, mentre il resto del volume è impiegato per illustrare al lettore perché si è giunti a questo crimine e come le azioni di vittima e carnefice siano state fortemente influenzate dalle persone loro vicine e dalle dinamiche della società giapponese dei primi anni Duemila.
Il libro gioca molto sulle relazioni tra i personaggi, mostrando il conflitto tra la vecchia generazione più legata alle tradizioni e all'onore e quella giovane che dimostra un atteggiamento meno formale e un maggior desiderio di libertà, ma anche tra familiari, amici e partner, sottolineando in particolare come siano sempre presenti dei problemi di comunicazione. Si tratta di barriere che i personaggi si autoimpongono per timore di come gli altri potrebbero reagire, aprendo così la porta ad una serie di tematiche collaterali che vediamo affrontate nei singoli POV.
Quella dei punti di vista è una questione un po' spinosa. Il mio lato razionale si rende ben conto che inserire quasi venti POV in un volume di trecento pagine risulta esagerato, ma non posso in tutta onestà dire di aver trovato questa scelta fastidiosa: tutti i personaggi principali sono caratterizzati in modo eccellente, nessuno di loro appare noioso o superfluo. Inizialmente vengono introdotti in un'ottica positiva o al più neutra, ed è solo dopo diverse pagine che si arriva a capire come ognuno di loro nasconda dei segreti passati, abbia commesso delle azioni crudeli o sia spinto a mentire al prossimo, in alcuni casi per dei motivi anche condivisibili. Il risultato è un cast ricco di sfumature ed estremamente verosimile, al quale il lettore non può che affezionarsi.
Oltre ai personaggi, l'autore ha scelto di dare parecchio spazio anche all'ambientazione, intesa come società in cui essi si muovono. Personalmente ho trovato istruttiva questa lettura per come illustra le abitudini di una nazione tanto lontana dalla mia nelle tradizioni quanto purtroppo vicina nei difetti peggiori: Yoshida Sh?ichi ci parla di un Giappone maschilista e omofobo, dove body e slut shaming sono la normalità, e lo fa trasmettendo una forte critica senza dover sbattere in faccia al lettore le sue opinioni, ma spingendolo più intelligentemente ad analizzare questi comportamenti e capirne la problematicità nella vita di tutti i giorni.
Ma veniamo ad un paio di difetti che, pur non avendo affatto rovinato la mia esperienza di lettura, mi hanno impedito di dare una valutazione totalmente positiva a questo titolo. Ho trovato un po' straniante l'alternanza tra prima e terza persona nel testo: se è una scelta sensata per le parti che dovrebbero corrispondere alle deposizioni dei testimoni, non ha ragion d'essere negli altri casi. L'altro problema riguarda alcune sottotrame che l'autore sembra dimenticare durante la narrazione o alle quali non da sufficiente importanza, e perciò avrei preferito fossero in parte ridimensionate oppure del tutto omesse.
L'edizione italiana merita qualche riga a parte. La qualità dei materiali è ottima, come pure l'idea di includere una guida alla pronuncia ed un piccolo glossario, ma la scelta di non inserire dei divisori tra i paragrafi fa sì che il salto da un POV all'altro non sia subito intuibile. Anche la traduzione del titolo non mi convince, perché fa pensare che la storia sia narrata in prima persona dalla vittima -mentre Yoshino è proprio una dei pochi personaggi a non avere una parte in cui parla direttamente al lettore- e che si tratti di un omicidio pianificato da molto tempo; la frase scelta non è casuale, ma continuo a pensare che avrebbero potuto semplicemente tradurre "Akunin" (ossia, persona malvagia), un titolo più calzante ed associabile a più di un personaggio.