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Il confine
 
Il confine 2021-05-18 21:44:16 cesare giardini
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cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    18 Mag, 2021
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Art Keller sfida i poteri forti.

Con “Il confine” si completa la trilogia dedicata ad Art Keller, il ”patriota” (così lui stesso si definisce) che alla lotta al narcotraffico ha dedicato gran parte della sua vita. Rientrato dal Messico, ora vive a Washington con Marisol, la dottoressa sua compagna scampata per miracolo ad un attentato dei narcos, è diventato capo della DEA (Drug Enforcement Administration) sotto la presidenza Obama e cerca tra mille difficoltà di imporre le sue strategie nella guerra al traffico sempre imponente di eroina introdotta negli Stati Uniti dai cartelli messicani della droga: anziché inasprire le pene ai trafficanti ed accentuare le azioni terroristiche, sceglie di colpire il narcotraffico sul fronte finanziario, bloccando il rientro in Messico dei proventi derivanti dallo smercio della droga (milioni di dollari!) ed impedendo illeciti investimenti tramite il riciclaggio del denaro sporco (banche compiacenti, speculazioni immobiliari, etc.). Questa è l’impostazione del lunghissimo romanzo (siamo sulle novecento pagine!), che con gli altri due della trilogia ha impegnato Winslow per circa vent’anni, costituendo nel complesso un formidabile e coraggioso atto d’accusa nei confronti del narcotraffico, del riciclaggio di denaro sporco e dei relativi appoggi di poteri finanziari e politici. Keller ha carta bianca e libertà di manovra. Riesce ad introdurre nelle fila dei trafficanti e di certi ambienti finanziari informatori muniti di microspie, registrando accordi ed operazioni illecite e scoprendo che la corruzione raggiunge altissimi livelli, addirittura il genero del probabile futuro presidente degli Stati Uniti, il candidato repubblicano. Costui vince le elezioni (il riferimento a Trump è fin troppo palese) ed il genero è nominato consigliere: Keller, che è appena riuscito a smantellare una gigantesca operazione del narcotraffico, viene accusato di azioni illecite quando era agente in Messico e destituito dalla direzione della DEA. Il nostro non cede ed inizia una guerra personale contro i poteri forti, denunciando, con tanto di registrazioni, malefatte, connivenze e delitti, Scoppia il caos ai più alti livelli, il genero del presidente e politici conniventi vengono incriminati, si prospetta l’impeachement del presidente neoeletto. I cartelli della droga, bene istruiti, tentano anche di assassinare Keller: il nostro eroe ne esce gravemente ferito, ma miracolosamente si salva. Alla fine, siamo nel 2018, riesce a trovare un po’ di pace in California, dove si è rifugiato con Marisol, sperando di godersi (forse!) una serena vecchiaia.
Il romanzo è denso di personaggi e affascinante. Gran parte è dedicata alla lotta per il potere dei cartelli della droga in Messico: la morte di Adan Barrera, il fondatore della “Federacion” e capo incontrastato del narcotraffico, ha scatenato rivalità feroci tra gli eredi, guerre fratricide con migliaia di morti, accordi e tradimenti, condanne e finte alleanze, fino alla disgregazione del più importante cartello, quello di Sinaloa, ed il costituirsi di un nuovo potere, quello della famiglia di Tito Ascension, il rozzo e brutale capo del cartello di Jalisco. Si denuncia anche il massacro di numerosi studenti a Tristeza, colpevoli solo di essersi impossessati di un autobus su cui era stato nascosto un carico di eroina: massacro che suscita ovunque sdegno e proteste. Per contro, alcuni capitoli sono dedicati alla commovente storia di due ragazzini, Nico e la sorella Flor, in fuga dal Guatemala perchè minacciati di morte: sul treno di disperati che, attraverso pericoli d’ogni genere, li porterà negli Stati Uniti, viaggia la speranza ed il sogno di una vita migliore.
Lo stile di Winslow è, come di consueto, stringato ed efficace. A volte sa essere tagliente come la lama di un coltello, specialmente nelle narrazioni di stupri e violenze: crudo e furente, mette a nudo l’animo umano, ratteggiandone senza fronzoli malvagità e aberrazioni.
E’ un libro che, scrive Stephen King, tutti dovrebbero leggere, per capire che il “confine” non è solo una linea di demarcazione fra due Stati, il Messico produttore ed esportatore di droga e gli Stati Uniti ricchi consumatori dello stesso veleno, ma può avere diversi significati metaforici.
Art Keller è un personaggio carismatico, ma non è uno stinco di santo. L’autore lo sa bene, quando conclude il romanzo così: “Un confine non è qualcosa che ci divide, ma anche che ci unisce, non può esserci alcun muro, proprio come non c’è un muro che divide l’animo umano tra i suoi impulsi positivi e quelli negativi. Keller lo sa. Lui è stato da entrambe le parti del confine.”.



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Consigliato a chi ha letto...
"Il potere del cane" e "Il cartello" di Don Winslow
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