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Un’astuta, ferocissima volpe per Bosch?
Nuova indagine per Harry Bosch. L’investigatore, che aveva abbandonato per due anni la polizia in disaccordo coi capi, è ritornato a svolgere il lavoro per cui è più portato: ripreso il servizio presso il LAPD è stato assegnato alla “Unità Casi Irrisolti” a fianco della sua partner di un tempo, Kiz Rider.
Un giorno, mentre assieme a lei sta per chiudere un’indagine, gli arriva una telefonata dal collega Freddy Olivas, con una richiesta che lo riporta indietro di tredici anni, al 1993, quando la giovane Marie Gesto svanì nel nulla, lungo il consueto tragitto che la portava da casa al maneggio che frequentava abitualmente. Solo la sua auto era stata ritrovata, giorni dopo, parcheggiata in un box sfitto. All'epoca lui e il partner, Jerry Edgar, non furono in grado di risolvere l’inchiesta, ma da allora Bosch non fa che ripensarci e tornare, periodicamente, a esaminare il fascicolo in cerca di nuovi indizi. Ora, però, pare che ci sia la confessione da parte di una persona mai considerata prima: un feroce serial killer preso, letteralmente, con le mani nel sacco.
Il procuratore Richard O’Shea, in campagna elettorale per il posto di Procuratore distrettuale, sta conducendo in modo aggressivo il procedimento a carico di Raynard Waits. L’uomo è stato arrestato mentre trasportava alcuni sacchi che contenevano pezzi smembrati di due donne e, quindi, la sua colpevolezza è indubbia. Per evitare la condanna a morte, però, vuole patteggiare, confessando altri nove omicidi, tra questi pure quello di Marie Gesto. Per provare la sua sincerità ha promesso di condurre gli investigatori sul luogo della sepoltura.
Sta mentendo? È solo un abile truffatore che cerca di barattare la sua vita con informazioni fasulle? Ha un altro piano in mente? Bosch e Rider dovrebbero scoprire la verità, appurare cosa è effettivamente accaduto alla giovane, ma la situazione precipita in tragedia proprio durante il sopralluogo. Da quel momento per Bosch sarà tutta una corsa contro il tempo (e contro i suoi capi) per venire a capo della vicenda, intricata e ricca di complotti, e, soprattutto, per evitare che le vittime si moltiplichino.
Lo stile di Connelly, come al solito è efficace e coinvolgente: la vicenda tiene con il fiato sospeso sino all'epilogo anche chi, come me, a suo tempo aveva seguito la trasposizione televisiva della storia.
È soprattutto l’azione a tener banco in questo romanzo, mentre l’indagine psicologica su Bosch e sugli altri protagonisti scivola in secondo piano. Anche l’ennesima tormentata storia d’amore del detective si limita a fare da sfondo alla vicenda thriller. Tuttavia ciò non rende meno gradevole la lettura che, come al solito, fluisce rapida e senza cali di interesse. In una Los Angeles descritta dall’A. con puntigliosa precisione e amore, è interessante seguire l’investigatore in tutte le sue mosse, senza che si senta la necessità di precederlo nelle conclusioni del caso.
In realtà la caratteristica che più si apprezza in questi romanzi è la credibilità del racconto. Senza ricercare a tutti i costi l’effetto sorpresa (a parte forse l’efferatezza dei vari colpevoli che sono sempre la quintessenza della malvagità) Connelly cerca di imbastire una vicenda plausibile, magari un po’ intricata, ma verisimile. Anche i continui ribaltamenti di prospettiva dell’investigatore, che non sono necessariamente gli stessi del lettore, fanno parte delle incertezze di una indagine reale e della vita stessa.
Il personaggio di Bosch, con tutti i suoi pregi e i suoi molteplici difetti e tortuosità psicologiche, è poi perfettamente studiato. Impossibile non provarne simpatia ed essere attirati dalle sue vicende.
In conclusione anche se, forse, questo non rientra tra i migliori romanzi di Connelly, è decisamente godibile e altamente consigliabile.
Concordo con chi ritiene, però, il titolo italiano abbastanza sballato e fuorviante, quello originale ("Echo Park"), nella sua apparente asetticità, è ben più centrato ed evocativo.
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«Credo di aver allevato il cane sbagliato»
«Che vuoi dire? Quale cane?»
«Non ti ricordi? Alla McLaren dicevano che ognuno ha due cani dentro di sé, uno buono e uno cattivo, in lotta perenne fra loro perché soltanto uno può essere il cane alfa, il maschio dominante.»
«E allora?»
«Il cane vincitore è quello che ognuno di noi sceglie di allevare. Io ho scelto quello sbagliato. Tu quello giusto.»