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Paul, John, Del, Mr. Jingles: le anime del Miglio
«Certe volte a un uomo prende il bisogno di conoscere una cosa e se ne fa un tormento che è peggio di una maledizione, e così fu per me allora. Mi abbassai su un ginocchio e cominciai a slacciarmi una scarpa.»
Correva l’anno 1996 quando “Il miglio verde” fece la sua prima apparizione quale romanzo a puntate su una rivista per riscuotere un successo inaspettato capace di catapultarlo in un volume unico nell’anno 1997. E non stupisce nemmeno che dal titolo sia stato poi tratto anche un grande adattamento cinematografico estremamente fedele alla parola scritta se non per alcuni piccoli dettagli probabilmente dovuti a esigenze di pubblico.
Due le assi temporali con le quali Paul Edgecombe ricompone la storia. Da un lato conosciamo la sua terza età, lo riscopriamo in una casa di riposo ove è stato ricoverato dai nipoti, dall’altro torniamo con lui a quel 1932 e a quando il suo compito era quello di guidare le guardie del braccio della morte, il blocco E, nel carcere di Cold Mountain e di accompagnare i condannati per quel del Miglio Verde, il loro ultimo cammino da vivi. È una calda estate e Paul è affetto da una maledetta infezione alle vie urinarie che non gli offre tregua alcuna. Mentre il dolore ne attanaglia la lucidità sopraggiunge un nuovo detenuto nel luogo di detenzione, un uomo che subito spicca per il suo colore della pelle non bianco e per la sua mole enorme: John Coffey. Quest’ultimo è accusato di un efferato omicidio post violenza sessuale a danno di due bambine sorelle di nove anni. La colpa ricade immediatamente su di lui perché viene rinvenuto nello stringere i loro deturpati corpi privi di alito di vita e in preda a una crisi isterica. L’unica cosa che riesce a dire è di aver provato a rimediare ma senza successo. Affermazione, quest’ultima, che conferma ancor più la sua colpevolezza agli occhi dei sopraggiunti. Ma siamo davvero certi che sia lui l’artefice del duplice omicidio e del doppio stupro? Molti sono i dettagli che iniziano sempre più a non combaciare con la ricostruzione del fatto nonché le misteriose capacità delle quali egli è capace. Tra i detenuti del braccio in quei giorni spicca Delacroix, detto Del, che farà amicizia con il delizioso Mr Jingles, Wharton che nulla teme perché più che la sedia niente può essergli fatto e una guardia, Percy, per niente rassicurante con il suo fregiarsi di alte amicizie e i suoi comportamenti malvagi e schizofrenici.
Le vicende proseguiranno all’interno del carcere in modo regolare, i lassi temporali si altereranno con perfetta sintonia e piano piano la storia prenderà sempre più forma e sempre più carattere.
«La vita reale costa di più e la maggior parte delle risposte che ti dà sono diverse.»
All’interno dell’opera tante sono le tematiche che vengono affrontare con grande asciuttezza e meticolosità da King. Si parla tanto di bullismo quanto di misticismo quanto di giustizia e corresponsione proporzionale della pena in particolare relativamente alla pena di morte che al tempo del libro e all’interno della sua storia esisteva e veniva praticata con la formula della sedia elettrica. E sono tante, in tal senso, le scene riportate che suscitano riflessione e sono capaci di agghiacciare il lettore. Sia quelle antecedenti all’esecuzione con le prove “tecniche” che quelle successive, sia quelle relative a queste anime che hanno compiuto gesti efferati ma che non riescono a vedersi dall’interno in quel male mietuto e che vengono per questo osservate in modo completamente diverso dalle guardie che le riscoprono nel non crimine. Si parla ancora di proporzione della pena, ci si interroga sul quanto sia corretta la pena capitale soprattutto quando il rischio di condannare un innocente è alto e anche quando il vero reo rischia di essere ricoverato in una cella limitrofa.
Oltre alle problematiche che vengono affrontante in questo scritto altro suo elemento peculiare è lo stile narrativo che si presenta al lettore con grande lucidità, non tanto per erudizione quanto per capacità evocativa. La scrittura di King è in queste pagine ancora più una sceneggiatura che di norma e questo la rende vivida. Ogni scena è impressa nella mente del lettore ma è anche resa in modo chiaro quasi come se fosse dipinta immagine per immagine.
Un titolo che tocca il cuore, che incuriosisce anche se si è visto il film, che solletica la curiosità. Da leggere per riflettere.
«Il fatto semplice è che il mondo gira. Puoi sederti e girare con il mondo o puoi alzarti in piedi per protestare e venire catapultato fuori.»
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