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Doppi volti
«Al mondo non c’è niente di più comprensibile dei volti, o meglio, di certi volti: un insieme di tratti e di sguardi che d’improvviso diventano sola realtà, l’enigma più importante dell’universo, che si guarda con sete e con fame, come se vi fosse inciso un messaggio supremo.»
Due corpi, due voci, due opposti che si attraggono come i poli di una calamita. Un aeroporto, una sala d’attesa, un volo in ritardo. Questi sono gli ingredienti che caratterizzano “Cosmetica del nemico”, opera di 102 pagine classe 2001, con cui Amélie Nothomb si ripropone ai suoi lettori con un titolo che ne ripresenta le caratteristiche peculiari e costanti negli altri precedenti scritti e che eppure se ne distanzia e compie quel passo in più.
Altra caratteristica da non sottovalutare è la capacità di esporre i fatti e di creare l’ossatura di un romanzo in quella che è apparentemente una staticità di fondo essendo le vicende interamente incentrate in un unico luogo e in una unica linea evolutiva dettata da un serrarsi ininterrotto di botta e risposta tra queste due persone incontrate per caso. O questo almeno siamo indotti a credere.
Eppure, già dopo le prime battute il lettore si rende conto che qualcosa non torna, che qualcosa sfugge alla sua vista, che qualcosa è oltre quel che legge e che vede e che per questo non può soffermarsi soltanto alla parola che ha davanti, deve entrare in simbiosi con il narrato. E lo fa, senza quasi rendersene conto.
Prima è colto dalla curiosità, poi è costretto a porsi domande perché la Nothomb solleva sempre questioni che toccano il profondo, infine è costretto a mettere in dubbio ogni certezza.
«E che paradosso: non era il criminale a essere ricercato, ma la vittima.»
E allora ha inizio il viaggio. Il viaggio nell’io, nell’introspezione più totale che però non si ferma a questo perché trova conferma nel reale, distrugge gli ormeggi, travalica i confini.
Ed è proprio nella dimensione del circostante che i toni un po’ macabri, la vicenda paradossale e bizzarra, la confessione che è come una morsa al cuore, i temi filosofi prendono forma e ritrovano i loro contorni. Non c’è possibilità di fuga, non c’è possibilità di salvezza. È quella follia che spiega la vita del quotidiano, è quella pazzia che spesso giustifica anche ciò a cui normalmente non riusciamo a dare giustificazione, è la colpa ingiustificata, ingiustificabile, impossibile da concepire, che ci viene sbattuta davanti. E quando ancora pensiamo di aver capito ecco che la narratrice ci sbatte in faccia la verità e ci porta a chiederci chi siamo veramente.
«Chi sei tu veramente? Che cosa hai fatto davvero? Sei proprio sicuro di quello che credi?»
Filosofia, psicologia, psicoanalisi. Un libro complesso, stratificato, forte, intriso di significati, con tante domande sottese e risposte non sempre piacevoli che ci fanno riflettere sulla duplicità umana e su quell’oscurità che è radicata nel profondo.
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