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LA STORIA DI JOHN COFFEY
Leggere Il Miglio verde per me non è stato da subito amore come per altri romanzi di King, e la motivazione ce l’ho avuta subito chiara, ho sentito davvero tanto il fatto che il romanzo inizialmente fosse stato scritto a puntate.
Personalmente non amo i racconti in generale e secondo me questo romanzo, seppur successivamente unificato, risente lo stesso nella lettura di alcune ridondanze che si trovano nei racconti seriali, che vogliono dare dei piccoli riepiloghi al lettore.
Detto questo la storia della prigione di Cold Montain, la tragedia della condanna a morte del gigante Jon Coffey sicuramente mi sono piaciuti al di là di tutto il resto.
La storia è nota a tutti ma oltre alla trama principale ci sono delle piccole sotto trame che funzionano particolarmente e tengono il lettore pieno di curiosità in entrambi i fronti.
Il Paul Edgecombe giovane a capo della prigione è un uomo forte, sensibile a modo suo e con una coscienza pulita sebbene il lavoro che ha scelto di fare.
Accompagnare i detenuti che sono stati condannati per i loro crimini è un compito pesante, ti consuma l’anima ma Paul lo fa con la massima “delicatezza” che può esserci in un lavoro del genere.
Il Paul anziano, colui che narra la storia, è un uomo più debole ma ancora di lucido e sveglio di mente, rinchiuso in un’ospizio ma con un piccolo segreto.
Di sicuro non posso dire che è il mio King preferito ma ho trovato la storia toccante e leggermente da brivido, con questa sottile lotta tra bene e male che non può mai mancare nei suoi romanzi.