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Preferisco comunque la versione di Victor
The Dark Descent of Elizabeth Frankenstein" è un romanzo thriller, con alcuni elementi sci-fi legati alla storia sulla quale basa gran parte della sua trama e del suo cast, ossia "Frankenstein" di Mary Shelley. Questo titolo si presenta infatti come una versione alternativa del celebre classico, narrando gli avvenimenti dal punto di vista di Elizabeth Lavenza, moglie di Victor e vittima della sua Creatura nel romanzo della Shelley; l'intenzione della White, di base, è alquanto lodevole: dare voce ad un personaggio secondario, seppur vitale per lo sviluppo della storia, peccato per l'esecuzione carente... ma cominciamo dalla vicenda!
Il volume è diviso in tre parti. Nelle prime due si seguono con molta fedeltà gli eventi dell'opera di base, con qualche piccola libertà narrativa legata soprattutto a dei retroscena marginali e alla relazione tra Elizabeth e i suoi genitori adottivi; fino a questo punto il ritmo si mantiene incredibilmente lento e la storia si sviluppa soprattutto nei flash back che spezzano i capitoli a metà, creando un senso di fastidio nel lettore e di disagio negli stessi personaggi,
«"Where are you?" she asked, putting a gentle hand on my shoulder.
I sighed. "In the past."»
avrei preferito l'espediente dei capitoli a parte adottato da Destiny Soria in "Beneath the Citadel". Nella terza parte invece la storia subisce un'accelerazione improvvisa e, sebbene la White dimostri una maggiore creatività rispetto ai capitoli precedenti, ci si ritrova sommersi da una sequela di eventi che non si fa quasi in tempo a metabolizzare, per giungere infine ad una conclusione troppo positiva visti i toni cupi del romanzo.
Prima di proseguire con la mia analisi (molto) critica, vorrei spezzare una lancia in favore dell'opera della White, anzi tre! Il primo elemento positivo è dato dai tanti riferimenti alla genesi del romanzo originale, ad esempio quando Elizabeth si finge la cugina di Victor perché effettivamente lo era nella prima stesura,
«"Victor Frankenstein?" [...] "What do you want him for?"
"I am his cousin," I said.»
o quando si accenna al fatto che soffra di incubi, come Mary Shelley; i titoli delle parti e dei capitoli sono poi delle citazioni tratte dal poema "Il paradiso perduto" di John Milton, fonte d'ispirazione di "Frankenstein" stesso. Mi è piaciuto anche che la storia si aprisse con una notte di temporale, evento atmosferico che ritroviamo molte altre volte, mentre il terzo punto a favore è alquanto superficiale: la cover inglese cattura l'attenzione e risulta perfetta per il contenuto del volume; in confronto quella scelta per l'edizione italiana fa una figura ben misera.
E ora partiamo con le lament... le critiche costruttive. Iniziamo dalla trama che, come detto, per due terzi è copiata quasi interamente dal romanzo della Shelley e per il terzo restante è un accozzaglia di situazioni incredibili, nel senso che non c'è nessuna logica azione-reazione. La White tenta di creare una svolta della storia che genera un mucchio di domande nel povero lettore -come (senza spoiler, tranquilli) "qual è la ragione dietro all'omicidio di William, visto lo scopo finale dell'assassino?"- oltre a portare ad una brutta scopiazzatura del fantastico "Ladra" di Sarah Waters.
Le pecche di quest'ultima parte si fanno fin troppo evidenti quando l'autrice cerca di giustificare con motivazioni inventate da lei delle scene originali, creando di fatto delle nette incongruenze, soprattutto nelle azioni della Creatura, di Alphonse e della stessa Elizabeth.
E passiamo quindi al vero problema del libro: Elizabeth Lavenza in Frankenstein, la nostra protagonista. L'autrice la introduce come un personaggio dedito al calcolo del proprio tornaconto personale,
«[...] I had no doubt, he [Judge Frankenstein] would determine that I was not worth holding on to. I had done too well, fixing Victor.»
una giovane donna che valuta ogni parola e ogni gesto per raggiungere il suo fine, ossia... vivere di rendita. Ebbene sì, per quanto la White si sforzi d'ispirare la compassione nel lettore, Elizabeth vuole banalmente farsi mantenere dalla famiglia Frankenstein a vita,
«He [Judge Frankenstein] had debts apparently. What if I had secured Victor, only for him to be rendered a pauper?»
e non vediamo mai da parte sua uno sforzo nel crearsi delle altre opportunità: ad esempio, quando le vengono affidati i fratelli minori di Victor per solo un paio di giorni va subito in paranoia e non sa cosa fare per intrattenerli. La sua situazione risulta ancor più assurda perché, nello stesso libro, ci sono due ragazze quasi coetanee di Elizabeth impegnate in un'attività lavorativa e, a conti fatti, indipendenti economicamente. Purtroppo capiamo in quale considerazione la nostra protagonista tenga il lavoro altrui quando la vediamo far licenziare almeno tre dipendenti dei Frankenstein senza un motivo valido.
Il lettore è bloccato nella mente di Elizabeth, quindi conosce ben poco degli altri personaggi, tanto che si potrebbe descrivere ognuno con una sola parola: Victor è pazzo, Justine è dolce, Ernest è unadolescente (tutt'attaccato), Alphonse è scostante, la Creatura è inutile e Mary è -ohi noi!- un enorme deus ex machina, in ognuna delle scene nelle quali interviene per far proseguire una trama altrimenti arenata.
Viste le contraddizioni della protagonista, anche le relazioni che la legano al resto del cast sono poco credibili; come possiamo accettare che lei si affezioni a Victor quando le sue interazioni con lui sono dettate dalla logica e non da sentimenti spontanei?
«I bit back my impulse to berate him, to inform him I was there to save his foolish life.»
Ancor più assurdo il caso di Justine: uno degli espedienti narrativi che meno tollero è il ricorrere a dei legami spirituali/magici/istintivi per far affezionare due personaggi estranei, e qui succedere esattamente questo!
«Though we had only just met, I felt a soul-deep connection to her, and I knew we would be part of each other's lives forever.»
Altra conseguenza della svogliata caratterizzazione è l'insensibilità del lettore quando si arriva alle morti dei personaggi, anche se questo potrebbe essere causato in parte dalla mia conoscenza del romanzo di base, per cui sapevo già chi sarebbe stato ucciso.
In conclusione, un'idea interessante elaborata in modo pessimo; un romanzo che prospera all'ombra del capolavoro della Shelley e palesa tutte le sue debolezze quand'è ora di mostrare la propria solidità individuale.
NB: Libro letto in lingua originale
Indicazioni utili
- sì
- no