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E’ davvero un addio, Sherlock?
Questa quarta antologia doveva essere, nelle intenzioni di Conan Doyle, l’ultima, definitiva collana di racconti dedicati a Sherlock Holmes. Dopo il primo tentativo di “ucciderlo” ne “L’ultima avventura” e costretto a furor di popolo a tirarlo fuori dalle cascate di Reichenbach per farne il protagonista di nuovi romanzi e storie brevi, con questi otto racconti si sarebbe dovuto chiudere definitivamente il ciclo, con l’investigatore pensionato in campagna a occuparsi di api e filosofia. Ma, come avrà modo di scrivere in seguito lo stesso A., Holmes è come quei famosi tenori che non riescono a prendere commiato dal loro pubblico anche quando sono diventati bolsi e fuori dal tempo. Quindi a questi racconti farà seguito una nuova serie di storie brevi.
Però che già in questi episodi ci sia una certa stanchezza è indubitabile: le storie sono sempre piuttosto gradevoli, ma ormai si nota un’evidente ripetitività delle situazioni. Addirittura ne “L’avventura della scatola di cartone” l’A. commette il peccato (gravissimo per un lettore accanito e attento) di riprendere le pagine di incipit di un precedente racconto (“Il Paziente interno”, apparso ne “Le memorie”), mentre ne “L’avventura dei piani di Bruce-Partington” torna a ribadire il notorio assioma (vera chiave di volta del ragionamento “holmesiano”) in base al quale “quando ogni altra eventualità viene a mancare quello che resta, per quanto improbabile, dev'essere la verità”.
In generale per quanto l'A. cerchi di inventare intrecci innovativi, il cliché tipico delle storie brevi di Holmes tende a reiterarsi in modo sin troppo fedele a sé stesso, con il rischio di ingenerare una certa stanchezza nel lettore.
Da italiano non ho potuto non rammaricarmi di come Conan Doyle continuasse a dipingerci secondo triti luoghi comuni (animosità, impulsività e scarso rispetto per la legalità), frutto anche di frettolose e imprecise informazioni: come si fa, a esempio, a confondere la Carboneria con organizzazioni mafiose quali la feroce Mano Nera attiva proprio in quegli anni?
Peraltro non posso negare che è piacevole ritrovare gli stessi ritmi familiari che già si sono appresi in precedenza e che si è imparato ad apprezzare come un vestito comodo.
Le tipologie di crimini sono più o meno quelle già ampiamente esplorate in passato: quando non si parla di omicidi per vendetta o per “punizione” da parte di organizzazioni malavitose, tornano il furto di documenti segretissimi, o, infine, le peripezie di innocenti gentildonne in ambasce. Gli schemi investigativi sono più o meno simili; con Holmes che fa il misterioso sulle sue scoperte e deduzioni sin quasi all'epilogo della storia, per poi dar sfoggio di acume spiegando tutti gli antefatti. Qualche ingenuità di troppo nella trama o nel comportamento dei personaggi ci fa sorridere, ma si accetta senza soverchie obiezioni.
In definitiva, però, se non è sgradito ripercorrere sentieri noti, ogni tanto farebbe piacere scoprire qualche innovazione.
Quindi, tra tutti i racconti, ho maggiormente gradito “L’ultimo saluto” che rompe tutti gli schemi convenzionali conosciuti: narrato in terza persona, vede Holmes impegnato, quale deus ex machina, a risolvere una complicata attività di controspionaggio.
Proprio per tal motivo, questa storia, con colpo di scena finale, avrebbe meritato più ampio spazio di quello concesso, perché gli spunti non sarebbero mancati. Tra l’altro la vicenda, ambientata nell'agosto 2014, alla vigilia dello scoppio delle ostilità, fu pubblicata nel 2017 quando la guerra con la Germania era al suo culmine. Ciò aggiunge un pizzico di pepe in più alle situazioni descritte, rendendo concreti e angoscianti i rischi di spionaggio mentre il nemico occulto assume una ben precisa fisicità. Del resto, come dimenticare che in quell'ordalia morì pure il figlio dell'A.?
In conclusione, e nonostante quanto sopra, questa antologia è una lettura d’evasione del tutto piacevole e rilassante da consigliare per restare in contatto con questo straordinario e iconico personaggio.