Dettagli Recensione
Inquietante ma con classe
Edito nel 1962 e pubblicato per la prima volta in Italia solo nel 1990 (con il titolo “Così dolce, così innocente”), “Abbiamo sempre vissuto nel castello” è uno dei più noti romanzi di Shirley Jackson, nonché il suo ultimo lavoro finito.
Ambientato in un tranquillo villaggio, “Abbiamo sempre vissuto nel castello” racconta la vita realmente tranquilla di Mary “Merricat” Katherine Blackwood, della sorella Constance e dell’anziano zio Julian. Il tempo sembra scorrere sereno e tranquillo tra il lavoro nell’orto ed i manicaretti sapientemente preparati da Constance, se non fosse per un unico “piccolo” neo che corrode l’atmosfera della famiglia Blackwood: tutti gli altri membri della famiglia sono morti avvelenati, durante un pranzo, sei anni prima.
Una vita vissuta in maniera difficoltosa ha contribuito positivamente sulla scrittura di Shirley Jackson. Maltrattata continuamente dalla madre e tradita costantemente dal marito, Shirley Jackson ha saputo comunque far tesoro della sua dote di scrittrice. L’aria che si respira in questo psycho-thriller mi ricorda un po’ quella del film “Serial Mom” (in italiano: “La signora Ammazzatutti”) e delle vicende della protagonista, la superba Kathleen Turner.
“Abbiamo sempre vissuto nel castello” è un romanzo sottile, che grazie al minuzioso metodo della Jackson riesce a suscitare emozioni scompigliate e torbide pur mantenendo toni pacati e quindi ancor più disturbanti.
Così come per “La signora Ammazzatutti”, insospettabile killer protetta dalle mura domestiche nel suo ruolo di madre premurosa e vicina dolce e disponibile, così per le sorelle Blackwood la casa diventa un riparo dal mondo esterno, da quegli abitanti del villaggio che costantemente le giudica responsabili dell’omicidio di –sic- tutta la famiglia.
Con l’arrivo del cugino Charles, però, persino la casa diventa un luogo vulnerabile e pericoloso. Entrato nella vita delle cugine e dello zio, Charles metterà a repentaglio la sicurezza delle sorelle fino ad un tragico epilogo.
“A Shirley Jackson, che non ha mai avuto bisogno di alzare la voce”: questa è la dedica di uno dei più grandi fan della Jackson, ossia Stephen King (dedica apparsa ne “L’incendiaria”). Ed è proprio così.
Shirley Jackson riesce ad inquietare senza sporcare il pavimento, riesce a suscitare turbamenti grazie ad una quiete insita nelle sue parole e nelle sue ambientazioni.
Un romanzo che consiglio a tutti.
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