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Duello a distanza tra Holmes e Moriarty?
Questo è il quarto e ultimo romanzo dedicato da Conan Doyle all'investigatore di Baker Street 221b. Pubblicato in epoca molto successiva al primo gruppo di storie ne riprende con qualche incongruenza il filo narrativo.
L’avventura cronologicamente è anteriore all'epico scontro alle cascate di Reichenbach che provocò la “momentanea morte” dell’investigatore e quella definitiva del prof. Moriarty. È proprio Holmes, nelle prime pagine della storia, a evocare l’anima nera del crimine londinese come suo potenziale oppositore anche in questa vicenda, perché riceve un messaggio cifrato da un informatore all'interno della tentacolare organizzazione del malvivente che lo mette in guardia su potenziali delitti.
L’episodio, comunque, si svolge in una isolata residenza nobiliare ai confini settentrionali del Sussex. Il ricco John Douglas è trovato cadavere nel suo studio, la testa spappolata da un paio di colpi sparati a distanza ravvicinata da una doppietta a canne mozze che giace lì dappresso. Nel maniero, che ha ancora il ponte levatoio funzionante e un fossato che lo isola interamente dal parco circostante, erano presenti solo l’amata moglie, l’amico fraterno Cecil Barker, il maggiordomo Ames e la governante. A un primo esame sembra, però, che uno sconosciuto sia riuscito a introdursi in casa - forse prima che il ponte levatoio fosse alzato per la notte - e, dopo aver atteso Mr. Douglas dietro a una tenda, gli abbia sparato a bruciapelo. Poi gli avrebbe sottratto la fede nuziale (indossata al mignolo sotto un altro anello ancora presente sul corpo), gli abbia lasciato un bigliettino con alcune indicazioni incomprensibili e sia fuggito attraverso una stretta finestra per guadare poi il fossato pieno d’acqua. Tutto questo in poco più di un minuto, il tempo necessario alle persone di casa per accorrere nella stanza dopo essere state allertate dallo sparo. L’assurdità balza subito evidente e gli inquirenti, affiancati da Holmes, cercheranno di scoprire cosa c’è dietro queste evidenti incongruenze.
Conan Doyle, dopo aver abbandonato per anni il personaggio che lo aveva reso famoso, torna a narrare le sue gesta in questo libro che riprende lo schema narrativo de “Uno studio in rosso”, cioè con il romanzo nettamente diviso in sue sezioni, la prima dedicata all'enigma poliziesco e la seconda che si svolge in America, per spiegare antefatti e motivazioni del delitto. Come in quel primo romanzo la parte più efficace è la seconda, con i personaggi meglio delineati, le ambientazioni più accurate, anche se, forse, pure più fantasiose.
Sembra quasi che l’autore si senta più libero di collocare le sue storie in quella terra per lui lontana e selvaggia, nella quale possono albergare le peggiori nefandezze e sono possibili le più ampie licenze al vivere civile della sua progredita, amata Inghilterra.
La trama gialla, in effetti, non è particolarmente intricata e un lettore attento e deduttivo non fatica ad anticipare di parecchio le intuizioni di Holmes, soprattutto perché, in fondo, l’intreccio ricalca parecchio quello del racconto “L’avventura del costruttore di Norwood” contenuto nella raccolta “Il ritorno di Sherlock Holmes”. Anche i personaggi della storia principale sono abbastanza piatti e incolori, mere tessere di un mosaico che serve unicamente a tratteggiare i confini dell’enigma poliziesco.
Più divertente, invece, è la vicenda nella Valle della Paura anche se certe costruzioni appaiono abbastanza naif e, tra improbabili società segrete e associazioni criminali stile “Il mucchio selvaggio” o la Mafia di Al Capone, l’America di Doyle risulta davvero pittoresca. Purtroppo, anche in questa storia il preteso colpo di scena finale non riesce a sorprendere il moderno, smaliziato lettore che non ha certo necessità dello “spiegone” finale per comprendere i retroscena.
Uno degli ingredienti indispensabili del romanzo d'avventure e, soprattutto, del poliziesco è la novità delle situazioni e la sorpresa. In quest'opera, purtroppo, anche la seconda parte riecheggia troppo altre storie del filone e, quindi, non è difficile fare previsioni, azzeccandoci.
Complessivamente, comunque, “La Valle della Paura” è un romanzo che si fa leggere con discreto piacere. Tuttavia lo ritengo inferiore ai migliori della serie, in particolare al “Mastino dei Baskerville” che è sicuramente il punto più alto della lunga sequenza di avventure di Holmes.