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La morte è il mio mestiere
 
La morte è il mio mestiere 2020-10-25 11:14:30 cesare giardini
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    25 Ottobre, 2020
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Caccia ad un killer che odia le donne.

Un nuovo thriller di Michael Connelly, un romanzo emotivamente coinvolgente, che, per una volta, lascia da parte il personaggio forse più amato dall’autore, Harry Bosch, e rispolvera, se non erro per la quarta volta, il reporter di cronaca nera Jack McEvoy, nella veste di collaboratore di una rivista, “FairWarming” ( Giusto Avvertimento: per inciso, è anche il nome di un gruppo musicale rock tedesco), indirizzata alla difesa ed agli interessi dei consumatori. Al protagonista capita di passare una notte con una ragazza, incontrata occasionalmente in un bar, e di scoprire, tempo dopo, che la stessa è stata brutalmente assassinata con una singolare metodica: la dislocazione atlanto-occipitale (detta anche decapitazione interna), ottenuta torcendo alla vittima il capo con conseguente lesione del midollo spinale. Il passato di cronista di nera risveglia in McEvoy la vecchia passione per le indagini, mai sopita, indagini che conduce con l’aiuto di Rachel Walling, ex investigatrice dell’FBI e che lo porteranno a scoprire un mondo oscuro, pieno di pericoli e di personaggi depravati e corrotti. Già, perché di omicidi simili ne vengono scoperti diversi, sempre con le stesse modalità, tanto da chiamare l’assassino “Averla”, dal nome del rapace uso ad uccidere le sue prede spezzando loro il collo a colpi di becco. Altra particolarità: le vittime hanno tutte fornito il loro DNA ad una delle più grandi aziende che lo analizzano, la GT23, che a sua volta lo ha rivenduto ad un’altra industria diretta da un personaggio dal passato oscuro. I segreti del DNA finiscono nel dark web: qui li pesca l’assassino, selezionando solo quei codici genetici con caratteristiche particolari: predisposizione alle droghe ed al sesso. Si vedrà anche che l’assassino è uno stalker, violento con le donne, misogino e inquadrabile nella categoria dei fautori del cosiddetto “celibato involontario” (“incel” nel romanzo), che non sopportano gli uomini che hanno una vita sessuale normale. Insomma, un pericoloso e sfuggente killer , con misteriose protezioni, abilissimo nel prevenire ogni mossa della polizia e del giornalista. Uno spettacolare colpo di scena finale lascerà il lettore con il fiato sospeso, fino alla prevedibile conclusione.
Il ritmo narrativo è serrato, coinvolgente: non un attimo di tregua, ed in questo Connelly è un vero maestro. Il tema principale è quello della violenza sulle donne, servendosi nel caso specifico di argomenti ricchi di tecnicismi come quelli riguardanti il DNA e le sue peculiarità, quel DNA che per più del 90% è uguale per tutti e che solo per l’1-2% ci rende differenti l’uno dall’altro, come precisa l’autore ( aggiungo: l’1% sembra poco, ma su circa 3,3 miliardi di basi di DNA, sono pur sempre quasi 40 milioni di basi!). Se nel romanzo si vuole trovare una pecca, forse la si può evidenziare in alcuni capitoli della prima parte, nella quale l’autore approfondisce certi aspetti peculiari del codice genetico, e come si possano identificare alcune particolarità, ad esempio il gene DRD4 (chiamato in gergo Dirty Four, sporco quattro) responsabile di certi comportamenti a rischio e di varie dipendenze. Poi, il romanzo entra nel vivo dell’azione, ti prende come pochi, non ha pause e ti conduce al finale che, con un crescendo spettacolare, avvicina il protagonista al freddo brivido di una possibile morte imminente.
In conclusione, un thriller emozionante, che evidenzia una volta di più la grande abilità di un maestro del genere.

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Consigliato a chi ha letto...
"Il poeta", dello stesso autore.
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