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I sentimenti forti
Sul bianco del ghiaccio, il rosso del sangue si imprime ancor più negli occhi.
E’ quello di una donna ammazzata sulla pista di un palaghiaccio che lì a Z. – un paese non troppo distante da Barcellona – sembra una cattedrale nel deserto, una costruzione senza una ragione apparente.
Ma il senso di quell’edificio è dato da un sentimento: l’innamoramento del pingue Enric Rosquelles – braccio destro del sindaco – per Nuria, la campionessa mondiale di pattinaggio dal corpo che mozza il fiato. E’ Enric che in qualche modo sottrae il danaro pubblico a una più naturale destinazione, e che, all’insaputa dell’intero Municipio di Z., riesce a fare del decadente Palazzo Benvingut uno stupefacente e muto dono d’amore.
Ad essere affascinato da Nuria è anche Remo Moran, gestore del campeggio Stella Maris, frequentato dalla varia umanità, e nel quale lavora Gaspar Heredia, invece attratto dalla misteriosa Caridad, la donna che gira con un coltello sotto la maglietta.
Tutti questi personaggi, in un evolversi dei fatti concentrico e senza scampo, hanno qualcosa a che fare con quell’inaudito ritrovamento sulla pista ghiacciata.
Il romanzo d’esordio di Roberto Bolano ha i tratti tipici della letteratura sudamericana: il racconto in prima persona – una triplice prima persona, considerato che i personaggi di Remo, Gaspar ed Enric ricevono voce in una perfetta alternanza di capitoli – si incentra sul rapporto tra gli individui, sui sentimenti di attrazione e repulsione che tra essi si sviluppano, lasciati scorrere non attraverso i fatti e gli intrecci del racconto, ma direttamente dalle parole, dai gesti, dalle sensazioni.
Capita tuttavia, con gli scrittori sudamericani, che la galleria di personaggi maggiori e minori si ponga a troppa “distanza” dalla storia, o che quest’ultima si appiattisca troppo sulle loro vicende, trasformandosi in qualcos’altro. In questo primo romanzo di Bolano sembra accadere qualcosa di simile: a volte la trama sembra troppo labile per mantenere unite le diverse storie. Non labile in sé, in ogni caso, ed è per questo che “La pista di ghiaccio” scivola sino alla fine, quando il tentativo di ritrovare l’unità del racconto riesce soprattutto nel personaggio di Enric Rosquelles (forse il più bello e dolente del libro).
Commenti
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Avrei mentito, però, se avessi scritto che questo libro mi ha catturato: non l'ha fatto. Credo di aver colto le intenzioni dell'autore, e, proprio per questo, non tenterò di rileggerlo in cerca di quel che potrei non aver capito. Semmai, prendendomi un po' di tempo, di Bolano proverò a leggere altro.
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