Dettagli Recensione
Un libro da non perdere
È con grande malinconia e un forte desiderio di avere ancora un po’ di pagine da leggere che ho chiuso questo romanzo.
“Il cardellino” ci conduce nella vita di Theo Decker, poco più che bambino quando perde sua madre in un attentato al museo, dove solo pochi attimi prima ammiravano insieme i pittori fiamminghi e in particolare un piccolo dipinto chiamato, appunto, “Il cardellino”.
Di fronte quel quadro Theo intravede anche per la prima volta Pippa, una ragazzina che è lì con quello che sembra essere suo nonno.
Il rosso dei suoi capelli gli resterà intrappolato nello sguardo, pochi attimi prima che l’esplosione riduca tutto ad un ammasso grigio e informe.
Negli ultimi istanti di vita il “nonno” di Pippa gli affida un anello e “Il cardellino” - miracolosamente scampato al disastro – tessendo inconsapevolmente le fila del destino di Theo.
Tra ricche dimore newyorkesi, confortevoli laboratori pieni di mobili in riparazione, ville semidisabitate sotto i cieli sconfinati di Las Vegas, Theo vaga disancorato da quello che era il suo unico punto di riferimento, sua madre. Senso di colpa, paura, fragilità lo accompagnano fino all’età adulta, tenuti a bada con mix di droghe e alcol, scelte azzardate in un indiscusso percorso di autodistruzione.
Nel suo disorientato percorso di crescita, Pippa e il dipinto diventano le uniche costanti, il simbolo di tutto ciò che nell’esplosione è andato perduto e che resta fermo anche quando tutto si sgretola.
“Il cardellino” è un romanzo ricco di contenuto, pieno di simbologia, proprio a partire dal piccolo dipinto, dove l’uccellino incatenato diviene l’emblema della condizione umana, specchio su tela di Theo che non riesce a spingersi oltre la tragedia, a vivere veramente. La scrittura ricca è ricca di particolari che permettono un’immersione totale nel mondo ideato dall’autrice, una visione a 360° dei minuscoli dettagli che costruiscono un’esistenza.
L’ho amato tantissimo, perché per tutti c’è un momento di rottura, più o meno tragico e tutti conosciamo quei sentimenti bloccanti, quell’incapacità di vivere attanagliati da colpa, rimorso, paura.
Quello di Theo è il dolore di tutti, il dolore dell’esistenza umana così fragile e caduca. Se la centralità del dipinto sembri suggerire che la risposta alla fragilità della vita sia l’arte, è in realtà la figura di Boris che dà a mio avviso un senso a tutto. Boris, l’amore, l’amico, l’antitesi di Theo che affronta la vita senza pregiudizi, senza freni, senza preconcetti, mix di lingue e culture con la capacità di reinventarsi ogni volta e di saper discernere che spesso, per raggiungere il bene, possono essere compiute anche azioni moralmente discutibili.
“Il cardellino” ha una scrittura ipnotica ed evocativa, fatta di descrizioni che sono quasi di miniature dentro un disegno più grande, quello che narra di temi come la sofferenza, la rinascita, la morte, l’amore e la condizione umana in modo accessibile eppure non scontato, come la metafora di quell’uccellino incatenato il cui sguardo è rivolto all’infinito.
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