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Camera vista fiume
Questo è tra i più belli, o forse solo tra i meglio architettati, romanzi gialli di Agatha Christie, noto anche a chi non gradisce il genere, per le varie e fortunate trasposizioni cinematografiche che ne sono state tratte.
Direi che è un romanzo ben scritto, e soprattutto molto ben descrittivo; il lettore, nel mentre è sedotto dalla trama, gustandosela dopo essersi sistemato per bene nella sua poltrona preferita, ricade con irrisoria facilità nella magia creata ad arte dalla scrittrice, si incanta per la storia, addirittura sembra patire un caldo soffocante durante la pur scorrevole lettura.
Talora senza neppure accorgersene solleva una mano quasi a schermarsi gli occhi dal riverbero accecante del sole sulla sabbia, avverte distrattamente, senza minimamente soffermarsi sulla stranezza, lo sciabordio delle acque del dio Nilo sullo scafo/poltrona, cincischia sopra pensiero tra le mani le pagine del libro che sta leggendo, avvertendo la ruvida consistenza degli antichi papiri vergati dagli scriba con i geroglifici, anziché la più liscia e flessibile carta tipografica, in definitiva resta ammaliato dal fascino delle antiche rovine e delle Piramidi del misterioso Egitto.
Il tutto giusto per intenderci: riuscire ad ottenere un effetto simile, è privilegio di pochi scrittori.
Ci riesce chi sa ben ”sentire” i luoghi e le atmosfere, sa evocarli perfettamente, riportandole fedelmente e con verosimiglianza in una pagina scritta, facendone racconto.
Se poi questo raccontare si tramuta in una storia intrigante e ben costruita, estremamente logica a ragion veduta, il tutto dà conto e ragione della ben meritata abilità della scrittrice e della fama conseguente. Agatha Christie non è una giallista, è una brava scrittrice che racconta di gialli.
La Christie in questo romanzo non si inventa niente, i luoghi e le atmosfere che ha riportati li conosceva, li ha visitati per davvero e ne ha avuto pieno sentore e percezione, sapeva perfettamente di cosa stesse scrivendo.
Aveva per davvero visitato quei paesi, si era concessa un lungo tour nei siti d’eccellenza per l’archeologia dei tempi, tant’è che le sue impressioni del posto non si esaurirono solo in questo libro, ma in una trilogia, di cui questo romanzo è il meglio riuscito.
C’è di più, probabilmente la Christie intraprese questo viaggio di piacere a seguito di una qualche delusione amorosa, insomma desiderava distrarsi, non pensare ai suoi dolori di cuore, ai suoi affetti infranti e alle sue aspettative sentimentali andate deluse, di cui neanche sappiamo molto, in verità.
Era una donna molto riservata, intrisa di pudore e ritrosia ad estrinsecare i suoi sentimenti, che la condussero ad un certo punto della sua vita anche ad una improvvisa, quanto misteriosa, sparizione o fuga, mai completamente chiarita fino in fondo.
Come risultato, questo è forse il più romantico e sentimentale dei libri di Agatha Christie, ogni scrittore infonde sempre parte di sé in quello che scrive.
Certo è un giallo, un mistero, quanto mai appropriato essendo ambientato nella patria della sfinge e dei suoi enigmi, ma è a modo suo anche una storia d’amore, in cui la scrittrice ha dato prova ancora una volta del suo innato talento per creare intrecci affascinanti e complicati insieme, aggiungendovi stavolta una sua personale tristezza interiore.
Ne è venuta fuori una bella e struggente vicenda d’amore, triste per l’esordio, spiacevole nel decorso, tragica nell’epilogo, ma intensa, sofferta, vissuta, disperata.
La disperazione è un maleficio, complotta e intriga ma per quanto si industria devia sempre verso il male, perciò l’epilogo è scontato, e però stavolta il finale a sorpresa lascia ancora di più l’amaro in bocca. Perché l’amore, per definizione, non si può mai accompagnare al male, se lo fa degenera.
Specialmente i più deboli soccombono quando infine cedono, cadono le loro presuntuose certezze, e giunge il momento in cui nemmeno il più forte tra i due di una coppia amorosa può porvi rimedio.
L’amore non è un alibi per giustificare il male, nel suo nome non si sfida impunemente la sorte, convinti di farla franca solo perché è amore, sarebbe come lanciare in aria una moneta fidando che cada sempre dalla parte giusta.
La scelta migliore è invece di non lanciarla affatto la moneta, la probabilità che cada secondo il verso desiderato è aleatoria, effimera, illogica.
Hercule Poirot in virtù della sua logica stringata lo sa perfettamente, e lo afferma chiaramente, c’è sempre una alternativa al male, serve impegnarsi, riconsiderarsi, e scegliere la cosa giusta da fare, la più logica, si può sempre tornare indietro, resettare il tutto, se solo si vuole evitare il male.
Ma bisogna volerlo davvero.
L’amore purtroppo, si sa, per definizione rende ciechi, sordi…anche presuntuosi, convinti di farla franca.
Una storia insolita, quindi, dato il genere in cui la nostra eccelle, normalmente indulge su altri sentimenti dell’animo umano, quelli più abietti, e perciò forieri di caos, di disordine, il che porta il bravo Hercule Poirot ad intervenire per riportare ordine, per rimettere insieme il quadro degli avvenimenti nell’unico modo possibile, ricostruendolo ab initio, nell’esatto corso cronologico di come si sono succeduti i fatti.
Alla fine, rimettendo in situ i singoli quadrati che costituiscono l’arazzo finale, l’immagine risultante è l’unica possibile, ed inchioda il colpevole alle sue responsabilità.
Al principio del romanzo, ma molto di più nella parte finale, abbiamo detto che si legge tra le righe il prevalere di questa novità, questo indulgere sui tormenti d’amore, probabilmente dettati dal vissuto personale dell’autrice, e questo mai più si ripresenterà con pari evidenza in altri lavori della scrittrice.
Tuttavia, la Signora è una Regina del genere, ed il banco di prova degli autori di romanzi polizieschi è il classico “enigma della camera chiusa”, il giallo cioè dove tutti i personaggi sono giocoforza costretti in un ambiente ristretto, una camera appunto, per cui inevitabilmente il colpevole è uno dei rinchiusi, non può essere altrimenti.
Paradossalmente questo rende tutto più difficile.
Quindi, un certo prevalere di sentimentalismo e struggenti sensazioni lo notiamo ma…sempre della Signora del Giallo stiamo parlando.
Agatha Christie sa perfettamente che quello che contraddistingue l’umanità, è la sua diversità.
Ognuno è a sé stante, e talora qualcuno non dice di essere quello che in effetti è.
Ciascuno ha un proprio vissuto, spesso ignoto agli altri, a volte celato, se non riservato, qualcuno ha anche scheletri negli armadi e fantasmi nei cassetti, per cui i capì di vestiario, stole, sciarpe e quanto altro sono riversati fuori in bella vista, è facile dimenticarli in giro. Per altri usi casuali, ma logici.
Detto questo, la nostra è una Regina, non può limitarsi ad una misera stanza angusta, fa le cose in grande, un treno in corsa nelle tormente di neve, per esempio, o addirittura un’intera isola deserta, o ancora, come in questo caso, un battello in tour sul Nilo.
Con tanto di camera vista fiume, che ospita una coppia di neosposi in viaggio di nozze, belli, giovani, ricchi, felici e contenti.
Buon per loro…se non fosse imbarcata sullo stesso battello una novella stalker dell’epoca, comune conoscenza dei due, con il dente avvelenato nei confronti della coppia, per la solita storia da melodramma, il triangolo della gelosia, lui lei l’altra.
Quindi gli spot sono orientati sul trio…ma non è così semplice e banale, qui ricordiamolo è una Regina che scrive. Mentre il battello scorre placido sul Nilo, il Male ordisce e attua i suoi piani: prima ne fa le spese il neosposo, per fortuna solo ferito, poi avviene un omicidio, poi un secondo, poi un terzo, tutti slegati tra di loro, quasi casuali e improvvisi, se non fosse che il male è consequenziale, un delitto tira l’altro.
Il male miete vittime una diversa dall’altra, neanche lontanamente collegate tra di loro, quasi fossero vittime casuali di un folle di turno. Che folle non è, ha una logica distorta, ma ha una logica.
L’indagine quindi si presenta subito difficile: a parte i tre del triangolo amoroso in continuo litigio tra loro, nessuno degli altri passeggeri ha un alibi, e non basta, molti di loro mentono, non sono quelli che asseriscono di essere, o meglio, si sono imbarcati per ben altri motivi che non fossero un giro turistico.
Forse il solo che è davvero a bordo per mero divertimento è il personaggio principe dei romanzi di Agatha Christie, l’ineffabile, trionfo e vanesio Hercule Poirot, investigatore belga.
Un ometto tranquillo, forse anche ridicolo, ma un investigatore in gamba.
Poirot mette all’opera le sue piccole amiche, come chiama le sue capacità intellettive, e con logica, acume, realismo, ricostruisce i fatti, il prequel dello scatenarsi del Male.
L’epilogo credo gli dispiaccia.
Lui si limita a riportare ordine nel caos generato da un delitto, che altro non è che una logica distorta che Poirot raddrizza quasi fosse un quadro sbilenco sulla parete, ma il suo compito termina allora, risana la dissonanza nel vivere civile, ma non interviene nel caos del tragico finale.
E potrebbe farlo anche stavolta, è intelligente e intuitivo, potrebbe intervenire, ma non lo fa.
Perché Poirot è un uomo di legge e giustizia, ma non un giudice.
Lascia che le cose vadano come devono andare, per libero arbitrio, lascia che a giudicare sia il caos stesso. Perché vedete, anche gli investigatori belgi piccoli e vanesi hanno un cuore, sanno quanto l’amore può farti soffrire, e sbagliare.
Lo sanno anche le brave scrittrici inglesi.
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