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Giuda, traditore o apostolo prediletto?
Sul cosiddetto Vangelo di Giuda si è scritto molto, opinioni differenti, dalla condanna pregiudiziale in qualità di vangelo gnostico e propugnatore di idee e fatti in contrasto con l’ortodossia cattolica alla critica più ragionata e rapportata a pareri di storici e ricercatori. Fatto sta che questo Vangelo scritto in lingua copta e ritrovato in Egitto intorno agli anni ’70 del secolo scorso ha stimolato dubbi e fantasie: Eric Frattini, saggista e romanziere cileno, ne ha tratto un romanzo che mescola realtà e fantasia, una narrazione serrata e asciutta, ricca di colpi di scena ad evidenziare una trama a mio giudizio spettacolare. Raramente avviene di leggere un romanzo che tiene avvinto il lettore stimolandone la curiosità e nel contempo l’interesse per i fatti storici.
Il racconto ha come protagonista una bella e ricca ricercatrice, Afdera, che ha avuto dalla nonna in eredità i reperti relativi al Vangelo di Giuda, custoditi gelosamente in una banca di New York. La ragazza porta i reperti ad una Fondazione svizzera, per restauro e traduzione, e consulta una serie di storici ed esperti un po’ dappertutto, conscia di avere tra le mani un’opera di valore inestimabile, in grado di minare le fondamenta della Chiesa. Il contenuto del testo infatti (ed una lettera esplicativa di uno scriba di Giuda, Eliezer, ritrovata ad Acri, in Israele, nella sepoltura di un crociato mercenario reduce dalla Terra Santa) rovescia il racconto evangelico, narrando di Pietro come traditore e di Giuda come discepolo prediletto, scelto da Gesù come esecutore del disegno divino. La divulgazione degli scritti sovvertirebbe quindi le basi del cattolicesimo: ed ecco allora comparire l’altro protagonista del romanzo, il segretario di Stato del Vaticano cardinale Lienart, un personaggio inflessibile, nostalgico dei roghi dell’Inquisizione, disposto a tutto pur di preservare l’integrità del credo professato. Fuma sigari cubani, ascolta musica classica, spende un patrimonio in vesti ecclesiastiche, sostiene che il fine giustifica qualunque mezzo, anche l’eliminazione fisica di rivali o persone sospette, eretici e comunisti in primis: non ha pietà nemmeno per il papa (è Wojtyla, quel “contadino dell’Est” “comunista di Varsavia”) a tal punto da organizzare l’attentato (servendosi di un “burattino”, Alì Agca) per conquistare il soglio pontificio. L’esecutore sei suoi ordini è un fidatissimo prelato, Mahoney, che, servendosi di una setta segreta, il Circolo Octagonus, deve controllare il percorso delle carte restaurate e tradotte, eliminando senza pietà tutti quelli che sanno e che potrebbero far conoscere la sconvolgente scoperta. Le peripezie di Afdera sono infinite, i viaggi in diversi paesi per saperne di più e salvare i reperti mettono in pericolo la sua vita, mentre altri studiosi coinvolti vengono segretamente uccisi. La longa manus di Lienart arriva perfino a Hong Kong, dove un miliardario cinese, al quale è stato venduto il reperto, viene invitato a consegnarlo alla Santa Sede, pena l’uccisione della moglie. Il finale del romanzo è travolgente, Afdera si salva grazie all’intervento risolutivo di un’enigmatica figura chiamata “l’Arcangelo”, di cui Afdera è innamorata: arcangelo salvifico o demone vendicatore? Il dubbio resta, leggendo il passo dell’Apocalisse con il quale l’autore conclude il romanzo.
La storia, in sé, è sconcertante e avvincente nel contempo: pur essendo per gran parte opera di fantasia, rivela lati oscuri di un potere, quello del Vaticano, oggetto recentemente di dibattiti e critiche. Lo stile narrativo ci rivela che Frattini è stato inviato speciale e analista politico: le sue conoscenze e le incursioni del romanzo in mezzo mondo lo dimostrano, quando fa viaggiare i suoi personaggi in un tour frenetico che tocca Svizzera, Egitto, Italia, Israele, Hong Kong, Stati Uniti, Polonia, Norvegia, Austria, sempre inseguendo il percorso di documenti, reperti ed esperti. Lo stile di Frattini è essenziale, volto a raccontare fatti e misfatti, pur non tralasciando opportuni e puntuali riferimenti storici, ad esempio sulle Crociate di Luigi di Francia in Terra Santa, su Venezia, su Israele, sull’Egitto. Frattini è anche abilissimo nel mescolare al racconto romanzesco eventi realmente accaduti, quali ad esempio riferimenti ai pontificati dei papi Luciani e Wojtyla, l’attentato di Alì Agca, la scomparsa di Emanuela Orlandi, le attività dei servizi segreti della Città del Vaticano.
Naturalmente l’autore ha subìto critiche da parte delle gerarchie ecclesiastiche, specialmente dall’Opus Dei spagnola, per i contenuti poco ortodossi del suo romanzo: a mio giudizio “Il Labirinto d’acqua” deve essere considerato quale in realtà è, cioè l’interpretazione fantasiosa di una vicenda, con riferimenti storici all’epoca in cui si svolge. I credenti non dovrebbero esserne turbati, andandosi magari a leggere a mò di conforto un po’ di bibliografia sull’apocrifo “Vangelo di Giuda”, i non credenti giudicherebbero l’opera secondo convincimenti personali.
Da leggere comunque.