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Sherlock Holmes day by day
Dodici racconti più o meno brevi nella nebbiosa Londra di fine XIX secolo; dodici avventure del più famoso investigatore della storia della letteratura, che ci consentono di inquadrarne meglio la personalità e i metodi di indagine; dodici storie nelle quali le abilità deduttive di Holmes saranno esibite con malcelata compiacenza al sempre presente e solidale, ma stupito dott. Watson, il quale, da attento e scrupoloso biografo, non mancherà di sottolineare ogni arguta deduzione dell’amico.
Dopo i due romanzi di esordio (“Uno studio in rosso” e “Il segno dei quattro”) Sherlock Holmes torna a riproporsi ai suoi lettori in questa collana di episodi ove i crudi omicidi fanno solo saltuariamente comparsa mentre, più spesso, l’investigatore di Baker Street si trova a doversi confrontare con problemi apparentemente banali, quali uno scabroso scandalo politico da evitare, misteriose sparizioni di persone da ritrovare, rocamboleschi furti da sventare, enigmi più terra terra ma sempre stimolanti per la sua mente in continua ricerca del rovello da risolvere per sfuggire all'odioso tran-tran quotidiano.
Non tutti i generi letterari sopportano di essere trattati sulla breve distanza del racconto e, tra di essi, la storia poliziesca è tra quelle che più soffrono della compressione in un numero esiguo di paragrafi. Soprattutto sono pochi gli autori che riescono a esprimersi bene sia nel romanzo, lungo e articolato, che nel racconto ove le ambientazioni e le trame debbono essere delineate in poche frasi chiare ed evocative, ove la necessità di sintesi è tiranna, ma anche severa castigatrice di ogni inutile dilungarsi, di ogni descrizione superflua.
Però Conan Doyle in questa collana dimostra di sapersi destreggiare benissimo anche nelle storie brevi, anzi, forse più che nei romanzi riesce a essere incisivo e accattivante. Senza tergiversare, offre al lettore racconti agili e gradevoli che conservano la loro freschezza anche a centotrent’anni dalla loro pubblicazione. Così — pure se molte di queste storie hanno fornito più di uno spunto per riduzioni cinematografiche o televisive e, quindi, la sorpresa finale ne risulta smorzata — rimangono letture piacevoli e distensive da godere ognuna in un’unica seduta di lettura. Poi si possono facilmente perdonare all’A. quelle saltuarie ingenuità naif, quelle semplificazioni, quegli snobismi e quel settarismo vagamente lombrosiano, in cui talvolta ci si imbatte, ma che sono così tipici della borghesia inglese di fine XIX secolo e, quindi, aiutano a creare quell’aura fin de siecle e a calarsi ancor meglio nelle atmosfere descritte.
Insomma chi ama quel formidabile sodalizio non potrà fare a meno di leggere anche questa raccolta.