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Intricato? Sì. Giallo? Sì.
Eccomi arrivata, dopo lunga e penosa malattia, a scrivere anche io dell’ultimo romanzo di Joël Dicker “L’enigma della camera 622” edito da La Nave di Teseo.
Il libro è un giallo intricato, che più intricato non si può e parte raccontando un episodio della vera vita dello scrittore, cioè la morte del suo editore francese che anni fa credette in lui e pubblicò il suo, ormai famosissimo, romanzo “La verità sul caso Harry Quebert”. Da qui, si dipana quello che io definirei un romanzo dentro un romanzo, che sta dentro ad un altro romanzo. Succede che per dimenticare la ex fidanzata, joël parta per qualche giorno per la montagna, a Verbier, sulle Alpi svizzere e lì conosca una giornalista inglese che soggiorna nella suite accanto alla sua. Tutti e due notano che il numero della camera non è 622, ma 621bis e trovandolo oltremodo strano, iniziano a chiedere in giro e ben presto, Joël si rende conto che la storia macabra e misteriosa che si cela dietro questo cambio di numero, può diventare un bellissimo libro. Con l’aiuto della bella giornalista si muoveranno e da veri investigatori, riusciranno a scoprire l’assassino.
Naturalmente non spiego di più della trama perché andrei a fare sicuramente degli odiosi spoiler essendo, praticamente tutto il libro uno spoiler unico. In certi punti del libro, verso i tre quarti poi si raggiunge l’apoteosi con continui colpi di scena che lasciano il lettore a bocca aperta con tanto di mascella cascante. Ci troviamo continuamente sballottati da una parte all’altra della Svizzera (per fortuna che è piccola!), da un anno all’altro, da una situazione ad un’altra nel giro di pochissime pagine.
La scrittura di Joël è, come già potuto notare per “Harry Quebert”, leggera e coinvolgente, cosa che le quasi seicento pagine del romanzo volano via in un batter di ciglia. Reputo infatti il giovane scrittore uno dei più quotati al mondo al momento e, affermo con assoluta certezza che tutti dovrebbero leggere un suo libro prima o poi e innamorarsi del suo metodo di scrittura che mette in risalto tutte le qualità che dovrebbe avere un libro giallo che si rispetti.
La trama è intrigante, i continui colpi di scena – tra cui l’ultimo davvero un colpo di teatro degno del miglior sceneggiatore, sono un plus da non sottovalutare, ma… C’è un “ma”, tanto di cappello per non fare capire fino in fondo su che piano giochino i vari personaggi, celati dietro una cortina di spesso fumo, ma ho trovato un po’ difficile stare al passo con i cambi di situazione tra il “privato” e il “fantasia”. E il finale a dir poco “strano” non ha aiutato in questo senso. Un’altra cosa che non è un difetto badate bene sono l’uso dei nomi dei protagonisti che ho trovato molto esilaranti (volutamente?).
Comunque, ho trovato il libro molto godibile e leggibile ma reputo anche che “Harry Quebert” viva e vegeti su un piano astrale differente: quello del capolavoro. Detto questo non posso fare altro che ribadire che dovete leggere assolutamente qualcosa di Joël perché non sapete cosa perdete sennò.