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Un buon Dicker ma non il migliore
Torna in libreria Joël Dicker, autore ormai noto al grande pubblico per i suoi romanzi dalle tinte gialle e misteri da scoprire, un autore che basa e sostanzia la sua linea narrativa su fatti del presente e del passato tra loro collegati, susseguenti e intervallati.
Anche questa volta lo svizzero ci fa destinatari di un intrigo che muove i suoi passi da questa costante, pertanto, se già avete avuto modo di leggere opere dello stesso, vi sentirete a casa e riconoscere quell’impostazione ormai cara e consona. Se al contrario non avete ancora avuto modo di avvicinarvi ai suoi titoli ecco che questo potrebbe essere un ottimo spunto per cominciare.
È un fine settimana di dicembre quando presso il Palace de Verbier, un lussuoso albergo sulle Alpi svizzere, viene rinvenuto, in attesa dell’annuale ricorrenza della festa di una delle più prestigiose banche d’affari di Ginevra, un corpo privo di vita all’interno della camera 622. Del colpevole vengono perse le tracce e per quanto l’indagine di polizia sia condotta con meticolosità e scrupolo, mai si verrà a conoscenza della sua identità. Adesso, pertanto, unico obiettivo della struttura è quello di tornare alla normalità e di ripristinare lo status quo ante al delitto così da non danneggiare ulteriormente gli affari.
Sono trascorsi quindici anni quando lo stesso hotel viene scelto da uno scrittore quale rifugio dalla quotidianità. Il fascino del mistero irrisolto è tale da solleticare la sua curiosità così da spingerlo a rivangare quei fatti del passato per venire a capo della verità.
Sin dalle prime battute si evince dunque che il lavoro proposto da Dicker ha tutti quegli elementi propri del genere per riuscire (dal delitto efferato alla ricerca di un colpevole e del suo movente), elementi dai quali allo stesso tempo si distanzia per di fatto intessere una trama che gioca con il lettore, che ne solletica la curiosità, che lo invita a interrogarsi e a cercare di ricomporre quei tasselli. Nel concreto è questa la sua grande maestria; intessere un romanzo lineare ma al contempo corposo e basato su una trama solida ma non troppo impegnativa e per questo appetibile al pubblico più eterogeneo di lettori.
A ciò si somma anche la contestualizzazione nella realtà di quanto accade poiché egli riesce a coinvolgere il conoscitore anche in fatti del quotidiano, relazioni umane, legami che rendono vividi di personaggi nella mente.
Alcune note negative che ho ravvisato sono insite nei dialoghi talvolta eccessivi, ridondanti e troppo concentrati sul “voler lasciare per forza qualcosa” tanto da rallentare un poco la lettura e renderla più faticosa, alla tendenza a stereotipare fatti e personaggi – ma questa mia personale valutazione dipende certamente dal fatto di aver letto precedenti suoi elaborati che dunque levano il gusto della freschezza di un narratore seriale seppur con voci anche diverse –, al tendere a dilatare un po’ troppo le vicende tanto da far perdere un po’ di pathos e dunque giungere a un epilogo sfiancato che offre delle soluzioni che pienamente non convincono e che lasciano delle perplessità.
Resta un buon libro, godibile, piacevole, curioso ma non da annoverare quale miglior Dicker. Adatto a chi cerca un romanzo dello scrittore con il quale avvicinarsi alle sue opere e a chi cerca un romanzo estivo da leggere senza troppe pretese.