Dettagli Recensione
Rapite
Più di tre anni di prigionia. Più di trentatre mesi di torture e violenza.
Quattro ragazze, poi solo tre. Uno scantinato buio, vecchie e solide catene arrugginite alle caviglie o ai polsi sfregano la pelle nuda fino ad escoriarla. La solitudine, la fame, la sete. La paura che lui ritorni, che il suo sguardo si posi su di te invece che sulle altre. Quando non credi più ai miracoli, quando il dolore è insopportabile, quando il tuo aguzzino si appropria anche della tua mente, l’ultima direzione è un senso unico verso la pazzia.
Dopo? Vittime della schiavitù, torneranno mai veramente libere?
Sarah si trasferisce a New York e, sopraffatta dalle molte patologie, affronta gli studi ed il lavoro protetta nel suo appartamento pulitissimo. Dieci anni di psicoterapia non le hanno ridato un’esistenza scevra dall’incubo del vivere, dal terrore che lui torni in libertà, che voglia riprendersi le sue donne.
Jack Derber potrebbe essere scarcerato.
Piatto ricco sulla tavola condivisa con Koethi Zan, qui gli ingredienti sono molti ed appetitosi.
Pecca però di inesperienza l’autrice inciampante su una ragionevolezza claudicante, lasciandoci con la forchetta a mezz’aria a rimpiangere il boccone succulento che ben sappiamo avremmo potuto addentare. Passi che si tratti di narrativa e una buona elasticità sia concessa, è però assolutamente inverosimile – tra le altre cose - che una donna profondamente traumatizzata da violenze estreme, colpita da fobia sociale e da agorafobia, in un battito di ciglia si tuffi in acque libere trasformandosi in novella detective dell’Fbi.
Nonostante l’eco della lettura sia quindi dilettantistico, ammetto che lo svelare la trama – non priva di colpi di scena- in maniera graduale ed il buon incipit del romanzo rendano comunque il thriller piacevole e scorrevole.
Ripongo in libreria tutto sommato soddisfatta, senza celarvi un velo di delusione ad ispessirmi le palpebre. Ha il sapore di un’opportunità perduta, come narrerebbe Icaro di occasioni che eri certo di potere stringere fra le dita per volare in alto, poi in questo luglio rovente il sole scioglie la cera e finisce come finisce, accidenti.