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La causa di ogni problema.
”Cosa succederebbe, se un’epidemia di influenza mortale uccidesse gran parte dell’umanità?" Stephen King risponde a questa domanda con un romanzo corale che rispecchia, nel bene e nel male, il suo stile.
Nel bene troviamo un scenario vasto, grandioso, ricco di personaggi, di spunti, di storia. Soprattutto nella seconda parte, la tensione narrativa trascina, avvolge, talvolta sorprende. L’America post-apocalittica di King rimescola le carte del suo gioco, mettendo in campo gli archetipi del Bene e del Male: il primo genialmente insolito, il secondo una vecchia conoscenza che calza i suoi stivali a pennello.
Nel male, oltre alla banalità del male, troviamo pagine sciatte dov’è l’orrore scade in una noia farraginosa. Da dimenticare.
Nel romanzo, ci troviamo degli anni novanta. Niente smart phone, ancora. I computer, però ci sono già. Un errore, e il mondo scompare. Restano pochi sopravvissuti, l’uno per cento. Nel mondo nuovo, denaro e diamanti non contano nulla. Case, cose e cibo non mancano. L’essere umano, invece, è merce rara. Preziosa, ma deperibile. Pericolosa, ma indispensabile.
Il periodo che stiamo vivendo, invece, è al tempo il migliore o il peggiore di avventurarci in questo lungo viaggio. La scelta, come sempre, spetta a noi. Sapendo che partire, comunque, vale la pena.
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Commenti
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Anche dal mio punto di vista luci e ombre, ma per motivi diversi dai tuoi.
Fondamentalmente ho apprezzato un sacco la prima metà del romanzo, nella quale vengono introdotti tutti i personaggi, a causa di una maggiore verosomiglianza con il reale; nella seconda metà, invece, quando sopraggiungono le questioni religiose, e il virus e gli effetti psicologici sulla popolazione sopravvissuta passano in secondo piano, sono rimasto meno coinvolto dalla narrazione.
Ho sofferto in particolar modo le pagine sulle riunioni del Comitato, a mio parere noiose ed evitabili.
Bella recensione comunque, concisa e diretta!