Dettagli Recensione
L'umana meschinità
Scrivere un romanzo, è qualcosa alla portata di molti, anche se, in verità, scrivere non è arte adatta a chiunque, solo pochi, in effetti, eccellono nel comporre nero su bianco.
Tuttavia, un romanzo ha questo di buono, ci si può cimentare anche uno scrivano medio, almeno non del tutto pessimo, perché il romanzo è un qualcosa d’animo buono e compassionevole, ti dà tempo e modo di rendere in qualche maniera accettabile il parto della fantasia letteraria di uno scrittore.
Un romanzo ti regala spazio, e ore e giorni e mesi, ti concede pause e riprese, ti permette di guidare la tua storia fuori dalle secche in cui si è impantanata a causa di qualche blocco dello scrittore.
Inoltre, se solo riesci a centrare un solo pezzo valido, un capitolo mediamente buono, o più di uno, questo è sufficiente a rivalutare sicuramente tutto il ciarpame vergato fino allora.
Ancora, un romanzo ti permette di dilungarti e spiegarti meglio, di approfondire, di eviscerare completamente in modo esaustivo almeno, se proprio non ti riesce a essere efficiente, cosicché magari hai espresso opinioni noiose, futili, uggiose e soporifere, neanche lontanamente condivisibili, redatte pure male, ma almeno in forma esaustiva, senza sospesi.
Il romanzo è comprensivo, con il suo autore, è accondiscendente, gli permette tutto, e il contrario di tutto.
Un racconto no: esso è crudele, secco, impietoso.
Il racconto non è un romanzo con molte pagine in meno; le dizioni romanzo breve o racconto lungo sono espedienti fallaci e menzogneri, il racconto è qualcosa a se stante, unico. Non solo, ma è inclemente, insensibile, spietato con il suo autore.
Il racconto non conosce mezzi termini, ed è un test inappellabile: se sei in grado di comporre un buon racconto, in un tempo accettabile, proporzionale alle dimensioni, allora sai scrivere, altrimenti lascia andare, non è arte tua.
Il racconto è un banco di prova per ogni scrittore, senza appello: o sai raccontare, e scriverne, o lascia stare, meglio non rubare testa e braccia per altre attività più consone alla tua indole.
Un qualsiasi scrittore degno di questo nome deve essere capace di raccontare una buona storia, compresa ma non compressa in poche cartelle, ed esprimerla bene, deve suscitare entusiasmo ed emozione in maniera esauriente, efficace, esaustiva.
Se ci riesce, è un bravo scrittore; se lo fa spesso, e con eccellenti risultati, è un grande scrittore. Il romanzo poi, non è altro che una debita conseguenza.
Uno dei più grandi scrittori di racconti è Stephen King, che ha cominciato la sua carriera proprio con storie di poche pagine.
King non ha bisogno di presentazioni, lo conoscono tutti come un grande romanziere, a torto o a ragione, a prescindere dal genere di cui scrive.
Certo, spesso i suoi racconti contano molte pagine, sforano pericolosamente il limite editoriale di distinzione tra romanzo e racconto, tuttavia sono belle storie, che si leggono in fretta, e sempre sono emozionanti, ben scritte, esaustive.
“The mist”, in italiano “La nebbia”, è a parer mio uno dei suoi racconti più belli, già edito nella raccolta “Scheletri”, ma è un piccolo gioiello nel suo genere, ben meritevole di una edizione a parte.
Nella raccolta citata, di racconti veramente ben fatti, ce ne sono diversi; "La nebbia", apre la raccolta, e come si dice, il buon libro si vede dal principio.
Nel "La nebbia" c'è una di quelle situazioni che piacciono tanto a King, una successione banale d’eventi, come può essere appunto l'improvviso levarsi di un bel banco di nebbia, per poi limitarsi ad osservare ed a descrivere al lettore quel che accadrebbe se......
King, infatti, scrive le sue storie senza avere in mente una trama prefigurata, egli parte da una situazione del tutto nella norma, e poi lascia che la storia vada avanti da sé, viva di linfa propria, trama e personaggi vivono e si evolvono secondo la successione degli avvenimenti, consequenziali all'impatto con un elemento perturbatore.
Questo può essere rappresentato da un fenomeno paranormale, o un vampiro, o un mostro che vive nelle fogne, o ancora un banale banco di nebbia che nasconde pericoli inimmaginabili.
Interessante non è tanto la curiosità che necessariamente suscita il mostro o l’evento diverso; molto più interessante e indicativo, talora e più spesso con altri e più concreti caratteri di mostruosità, sono le reazioni degli umani di fronte a tali eventi.
Sono reazioni talora solidali, ci si aiuta a vicenda, insieme ci si ripara, ci si conforta, ci si dà sostegno.
Una volta consolidatasi la micro comunità, ecco emergere le vere caratteristiche di ognuno, l’eccezionalità della forzata convivenza porta all'emersione degli aspetti più deleteri dell'individuo, quelli che tanto bene si riesce a celare nel normale ambito sociale.
Ecco allora individui che, in altre occasioni, si presentano nelle vesti di caritatevoli vecchiette o rette persone, ma gli stessi non esitano, come cala la nebbia sulla ragione e sul sentimento, in nome di una presunta e schifosamente egoistica tutela personale, a richiedere a gran voce l'abietto sacrificio umano di un bambino, per esempio. Solo per dirne una.
Per queste persone la nebbia non cala, si solleva: e rivela la loro meschinità, la loro grettezza, l'egoismo, la cattiveria gratuita, eppure tanto diffusa, e perbenisticamente ben celata.
A salvarsi sono sempre in pochi, i più umani; la scansano questa nebbia e, con un lumicino, si avviano all'affannosa ricerca di qualche motivo di speranza.
Nei giusti, di poco ha bisogno la speranza per sussistere, può bastare una flebile voce appena avvertita su una frequenza radio.
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