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Le angoscie di Lisa
Lisa è una ragazza intelligente, un piccolo genio informatico, ha un bel lavoro e una bella famiglia, che la ama. Ma ha un passato che la perseguita sino al punto da averle fatto sfiorare il suicidio. Qualcosa di orribile è accaduto quando aveva solo cinque anni e le bruttissime cicatrici che le deturpano parte del corpo glielo ricordano quotidianamente. Forse anche per sfuggire a questo passato angoscioso di cui lei personalmente non ricorda nulla, ha preso in affitto una bella stanza in una prestigiosa casa vittoriana nel centro di Londra. Però quella casa sembra acuire le sue ansie e i suoi incubi, quasi essa cercasse di comunicarle qualcosa di importante e tremendo.
La situazione peggiora col ritrovamento, in un cassetto, di una lettera incompiuta scritta da un suicida, che avrebbe occupato la stanza prima di lei. I proprietari negano di averla mai affittata precedentemente a qualcuno, ma Lisa non crede a loro. Così decide di indagare. Qualcuno le sta mentendo? E su cosa? Che accadde all’uomo autore della lettera? Quale terribile segreto nascondeva? Quei fatti hanno in qualche modo a che vedere anche con il suo passato? È possibile che la versione che le hanno raccontato i genitori sull’incidente infantile che l’ha sfregiata non corrisponda al vero? In un accelerarsi di eventi che la porteranno a sfiorare la pazzia, Lisa giungerà a scoprire una storia agghiacciante.
“La stanza degli ospiti” è un thriller ben congegnato, e ben condotto. La storia di per sé non è originalissima e anche l’esito finale non giunge inaspettato, ma, al contrario, risulta piuttosto prevedibile. Tuttavia il rapido fluire del racconto fa scordare le ingenuità e perdonare alcune situazioni al limite del credibile.
Lo stile lineare e diretto, tutto giocato sul racconto in prima persona di Lisa, aiuta a coinvolgere il lettore che non fatica a divenire partecipe dei suoi stati d’angoscia e, talvolta, di vera e propria allucinazione. Forse sarebbe stato opportuno un maggiore approfondimento psicologico dei personaggi comprimari, a cominciare da Martha e Jack, i due affittuari, che appaiono un po’ troppo stereotipati ed eccessivi. A giustificazione però si deve osservare che essi sono visti esclusivamente attraverso gli occhi della protagonista che li può analizzare solo oltre la coltre di inquietudine crescente che la attornia.
In definitiva, in quanto romanzo d’evasione, il libro risulta piacevole e lo si può gustare in poche sedute di lettura lasciandosi trascinare dalla storia senza farsi troppe domande e apprezzandolo per la gradevole distrazione che contribuisce a fornire.